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Concordato in appello: limiti ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello per furto aggravato. La Corte ha ribadito che l’accordo sui motivi di appello preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni relative alla responsabilità penale, considerate rinunciate. La manifesta infondatezza del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che permette alle parti di accordarsi su una parziale riforma della sentenza di primo grado. Tuttavia, l’accesso a tale istituto comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini invalicabili del ricorso successivo, ribadendo un principio fondamentale: l’accordo implica una rinuncia ai motivi non concordati.

I fatti di causa

Nel caso in esame, un individuo era stato condannato in primo grado per il reato di furto in abitazione aggravato. In sede di appello, la difesa aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale, accedendo al concordato in appello. La Corte d’Appello, prendendo atto dell’accordo, aveva rideterminato la pena in senso più favorevole all’imputato (in mitius), confermando nel resto la condanna. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, sollevando censure relative all’affermazione della sua responsabilità penale.

Limiti all’impugnazione dopo il concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile. I giudici hanno richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di concordato in appello, il ricorso successivo è ammissibile solo per vizi specifici. Questi includono:

1. Vizi nella formazione della volontà: Se la volontà dell’imputato di aderire all’accordo è stata viziata (es. per errore, violenza o dolo).
2. Vizi nel consenso del Pubblico Ministero: Qualora il consenso della pubblica accusa sia irregolare.
3. Difformità della pronuncia: Se la decisione del giudice si discosta da quanto pattuito tra le parti.
4. Illegalità della pena: Quando la pena inflitta, pur concordata, risulta illegale (es. perché superiore al massimo edittale o inferiore al minimo).

Al di fuori di questi casi, ogni altra doglianza è preclusa. In particolare, sono inammissibili i motivi relativi a questioni su cui l’imputato ha rinunciato per ottenere l’accordo, come quelle attinenti alla valutazione della prova e all’affermazione di responsabilità.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha sottolineato che l’imputato, presentando ricorso, muoveva censure generiche proprio in ordine all’affermazione di responsabilità, un punto che deve considerarsi coperto e rinunciato con l’adesione al concordato in appello. L’accordo stesso si fonda sulla rinuncia a determinati motivi di impugnazione in cambio di un trattamento sanzionatorio più favorevole. Contestare successivamente i punti oggetto di rinuncia svuoterebbe di significato l’istituto.

L’evidente inammissibilità dell’impugnazione, secondo i giudici, configura un profilo di colpa in capo al ricorrente. Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato l’imputato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una cospicua somma (quattromila euro) in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo di fondamento.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma la natura essenzialmente “transattiva” del concordato in appello. Chi sceglie questa strada processuale deve essere consapevole di compiere una scelta strategica che limita drasticamente le successive possibilità di impugnazione. Il ricorso in Cassazione rimane un’opzione, ma solo per denunciare vizi genetici dell’accordo o palesi illegalità, non per rimettere in discussione il merito della colpevolezza. La decisione funge anche da monito: un ricorso temerario e palesemente infondato può comportare conseguenze economiche significative per il proponente.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa dopo un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici, come vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, un consenso irregolare del pubblico ministero, una decisione del giudice non conforme a quanto pattuito o l’illegalità della pena applicata.

Quali motivi di ricorso sono inammissibili dopo aver accettato un concordato in appello?
Sono inammissibili tutti i motivi che sono stati oggetto di rinuncia con l’accordo. In particolare, non è possibile contestare l’affermazione di responsabilità penale, la valutazione delle prove o la mancata applicazione di cause di proscioglimento, poiché si presume che l’imputato vi abbia rinunciato in cambio di una pena più mite.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se l’inammissibilità è evidente e dovuta a colpa del ricorrente (come nel caso di un ricorso basato su motivi rinunciati), la Corte lo condanna anche al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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