Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9116 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 9116 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato ad ACIREALE il 26/08/1993 COGNOME NOME nato ad ACIREALE il 04/04/1987
avverso la sentenza del 08/05/2024 della Corte d’appello di Catania; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 24/05/2023 il Tribunale di Catania aveva riconosciuto NOME NOME COGNOME responsabile dei reati a lui ascritti ai capi 17) e 18) dell’imputazione (in cui risultavano assorbiti quello di cui al procedimento penale n. 9242/2019 RGNR e 6806/2019 RGGIP in quello di cui al capo 17 del procedimento n. 9883/2019 RGNR e 144/2020 RGGIP cui il primo era stato riunito per connessione) e, con le circostanze attenuanti generiche, la continuazione interna sul capo 17) e quella tra i due reati contestati, operata la diminuzione per la scelta del rito, l’aveva condannato alla pena complessiva di anni 2 e mesi 10 di
reclusione ed euro 14.000 di multa; il primo giudice aveva inoltre riconosciuto NOME COGNOME responsabile del reato al lui ascritto al capo 16) e, con le circostanze attenuanti generiche e la riduzione per il rito, l’aveva condannato alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed euro 12.000 di multa;
la Corte di appello di Catania, nel prendere atto dell’accordo processuale raggiunto tra gli odierni ricorrenti ed il Procuratore Generale con la rinuncia ai motivi di impugnazione diversi da quelli concernenti il trattamento sanzionatorio, ha rideterminato le pene in quelle, concordate dalle parti e che ha stimato congrue, di anni 1 e mesi 10 di reclusione ed euro 2.133 di multa per NOME COGNOME e di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed euro 600 di multa, per NOME COGNOME;
ricorrono per cassazione il COGNOME ed il COGNOME a mezzo dei rispettivi difensori che deducono:
3.1 l’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena: premesso che il ricorrente era stato riconosciuto responsabile del delitto di cui al quinto comma dell’art. 73 dpr 309 del 1990, rileva che la sentenza della Corte d’appello non ha dato conto delle considerazioni sviluppate nell’atto di gravame e non ha motivato sulle ragioni del diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena; segnala che i giudici di secondo grado avrebbero dovuto formulare un giudizio prognostico articolato su tutti i parametri contemplati dall’art. 133 cod. pen. alla luce della personalità dell’imputato;
3.2 l’Avv. NOME COGNOME quale sostituto processuale dell’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’entità della pena inflitta: rileva che la Corte d’appello non ha motivato sugli elementi che erano stati dedotti con l’atto di gravame in ordine alla condotta del ricorrente oltre che al suo comportamento processuale e che, complessivamente, avrebbero dovuto indurre i giudici di secondo grado ad addivenire ad una rideterminazione della pena in termini più favorevoli.
I ricorsi sono inammissibili.
Va ribadito, in primo luogo, che la rinuncia ai motivi d’appello in punto di responsabilità ha determinato il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente essendo perciò inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d’appello rinunciati rispetto ai quali non possono essere rilevate nemmeno d’ufficio le questioni anche di nullità che siano
ad essi collegate; con riguardo al “concordato in appello” si è infatti efficacemente parlato di “patteggiamento sulla sentenza” o, per meglio dire, “sui motivi” in cui, come detto, l’accordo (parzialmente abdicativo delle doglianze articolate con l’atto di gravame) si perfeziona sui motivi di appello conseguenti ad un accertamento del reato che è già intervenuta con la sentenza di primo grado.
1.1 Il ricorso di NOME NOME COGNOME.
La difesa del COGNOME lamenta che il giudice di appello non ha considerato, omettendo di motivare sul punto, la possibilità di riconoscere al ricorrente il beneficio della sospensione condizionale della pena oggetto di uno specifico motivo di gravame (cfr., pagg. 6-9 dell’atto d’appello a firma dell’Avv. NOME COGNOME).
L’esame degli atti ha consentito di verificare che il difensore del COGNOME, a tal fine munito di procura speciale, aveva formulato una proposta di concordato indicando la pena finale subordinato, peraltro, al riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale (cfr., fg. 13 del fascicolo d’appello) acquisendo il consenso del PG.
Si è effettivamente chiarito, in giurisprudenza, che deve ritenersi illegittima la decisione del giudice di appello che si limiti ad applicare la pena nella misura concordata, senza statuire sulla richiesta del beneficio della sospensione condizionale della pena cui sia subordinato l’accordo delle parti, poiché il beneficio si pone come elemento determinante nel processo di formazione della volontà negoziale della parte, rappresentando, quindi, una componente costitutiva della piattaforma negoziale, sulla quale si è perfezionato il suddetto accordo (cfr., ad esempio, Sez. 3, n. 25994 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276012 – 01; conf., sul concordato in appello previgente, Sez. 3, n. 5332 del 18/12/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238796 01; cfr., più recentemente, Sez. 3, n. 3690 del 07/10/2022, dep. 30/01/2023, Padolini, Rv. 284132 – 01, in cui la Corte ha ribadito che, in tema di di concordato in appello, la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ove non abbia formato oggetto dell’accordo, è rimessa alla valutazione del giudice anche nel caso in cui la questione sia stata a quest’ultimo devoluta su richiesta del solo imputato; conf., Sez. 7, Ord. n. 46053 del 08/10/2019, COGNOME, Rv. 277416 – 01).
Se non ché, dalla lettura del verbale d’udienza dell’08/05/2024, risulta che il difensore del COGNOME “reitera la proposta di concordato già presentata, con rinuncia alla richiesta di sospensione condizionale della pena”.
Consegue, pertanto, che legittimamente la Corte – recependo la concorde richiesta delle parti nei termini riformulati all’ultima udienza – ha riformato
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sentenza impugnata rideterminando la pena nei termini indicati senza il beneficio della sospensione.
1.2 D ricorso di NOME COGNOME.
Va ribadito che, nel caso di “patteggiamento in appello”, la richiesta concordata tra accusa e difesa in ordine alla misura finale della pena è vincolante nella sua integralità, senza che il giudice possa addivenire a una pena diversa, in quanto l’accoglimento della richiesta postula la condivisione della qualificazione giuridica data al fatto e di ogni altra circostanza influente sul calcolo della pena (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 4665 del 20/11/2019, dep. 2020, Rv. 278114 – 01, in cui la Corte ha precisato che l’applicazione di una pena diversa da quella concordata implica l’annullamento senza rinvio della decisione, atteso che il negozio processuale convenuto tra le parti è unitario, innestandosi l’applicazione della pena concordata sulla rinunzia ai motivi di impugnazione).
Questa Corte, nel suo massimo consenso, aveva affermato che le parti, attraverso l’istituto di cui all’art. 599, comma 4, cod. proc. pen., esercitano i potere dispositivo loro riconosciuto dalla legge, dando vita a un negozio processuale liberamente stipulato che, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato – salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata – da chi lo ha promosso o vi ha aderito, mediante proposizione di apposito motivo di ricorso per cassazione (cfr., Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226715).
L’inammissibilità dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 9/01/2025