Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8396 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8396 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CATANIA il 15/01/1967 NOME COGNOME nato a CATANIA il 23/10/1990 NOME nato a CATANIA il 19/03/1992
avverso la sentenza del 13/12/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato;
letti i ricorsi degli Avv. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME DE
NOME;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n. 137/2020 e del successivo art. 8 D.L. n. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
Fallo NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Catania del 13/12/2023 (dep. 3/01/2024, fascicolo in Corte il 7/08/2024) che, in riforma di quella del Tribunale di Catania e ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., ha rideterminato le pene loro inflitte in ordine ai reat rispettivamente ascritti, dichiarando inammissibile la richiesta di pena sostitutiva avanzata dal primo ricorrente.
Le difese affidano i ricorsi a diversi motivi che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione e in relazione alla posizione di ciascun imputato.
Ricorso di Fallo Rosario.
3.1. Nullità della sentenza di primo grado per violazione degli artt. 33 e 179 cod. proc. pen.
3.2. Inutilizzabilità delle prove assunte in primo grado per violazione dell’art. 33 cod. proc. pen.
3.3. Nullità della sentenza di primo grado e di appello per violazione degli artt. 6 CEDU, 111 Cost., 526 cod. proc. pen.
3.4. Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 157 e 416 cod. pen.
3.5. Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 545-bis, 597 e 585 cod. proc. pen. e 95 D.Lgs. n. 150/2022; vizio di motivazione.
Ricorso di COGNOME NOME
4.1. Violazione di legge (artt. 129, 533, 546 cod. proc. pen. e 27, comma 2, Cost.) in ordine all’affermazione di responsabilità.
4.2. Mancata esclusione delle circostanze aggravanti.
Ricorso di Santonocito NOME
5.1. Vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità.
Il Pubblico ministero, nella persona del sostituto P.G. NOME COGNOME con requisitoria del 14 dicembre 2024, ritenendo fondato il primo motivo di ricorso della difesa di COGNOME ha concluso perché la Corte, rilevata la nullità della sentenza di primo grado, restituisca gli atti al Tribunale di Catania per l’ulteriore corso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Preliminarmente deve essere trattato il primo motivo del ricorso di Fallo
NOME, con cui è stata eccepita per la prima volta in questa sede la nullità della sentenza di primo grado e, quale effetto derivato, di quella impugnata, sul rilievo della violazione del divieto stabilito dall’art. 12 d.lgs. n. 116/2017, avendo partecipato al giudizio dinanzi al Tribunale G$4 un giudice onorario che aveva concorso alla deliberazione della sentenza, nonostante fossero contestati all’imputato reati rientranti nel catalogo di cui all’art. 407, comma 2, lett. a) cod proc. pen.
Si tratta di un profilo di censura che, seppur non dedotto, laddove fondato, in virtù dell’effetto estintivo dell’impugnazione di cui all’art. 587, commi 1 e 2, cod. proc. pen., gioverebbe anche agli altri due ricorrenti, ai quali è stato contestato, al pari del Fallo COGNOME, il delitto di estorsione aggravata.
Tanto premesso, il motivo è manifestamente infondato.
Per come già evidenziato da questa Corte, con orientamento che il Collegio condivide e con cui il ricorrente omette di confrontarsi (Sez. 2, n. 11291 del 17/02/2023, Francavilla, in motivazione a pag. 3), la disposizione dell’art. 12 d.lgs. n. 117 del 2017 – che ha introdotto il divieto di utilizzare, nei collegi dibattimentali i giudici onorari di pace (ex got) allorché si proceda per delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. a) cod. proc. pen. – è entrata in vigore il 15 agosto 2017, mentre il decreto che dispone il giudizio, per quanto è dato ricavarsi dalla lettura della sentenza di primo grado e confermato dalla relativa rubrica, è dell’08/07/2015 (e, dunque, l’esercizio dell’azione penale, da ricondursi alla richiesta di rinvio a giudizio, è pure antecedente) e la prima udienza dibattimentale si è tenuta il 6/10/2015. Il processo, pertanto, risulta essersi incardinato prima della vigenza del divieto e, di conseguenza, erano ben applicabili – con riguardo alla trattazione di tale giudizio – le disposizioni tabellari che consentivano al presidente del tribunale di integrare, per tutta la durata di quel giudizio, i collegi ricorrend stante la necessità, ai giudici onorari.
In tal senso depongono le stesse disposizioni del decreto legislativo: l’art. 30, comma 2, dispone che resta ferma l’assegnazione dei procedimenti civili e penali ai giudici onorari di pace in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto come giudici onorari di tribunale effettuata, in conformità alle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura, prima della predetta data, nonché la destinazione degli stessi giudici a comporre i collegi già disposta antecedentemente alla medesima data; l’art. 30, comma 6, stabilisce che, per i procedimenti relativi ai reati indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), de codice di procedura penale, iscritti alla data di entrata in vigore del presente decreto, i divieti di destinazione dei giudici onorari di pace di cui al comma 5 nei
collegi non si applicano se, alla medesima data, sia stata esercitata l’azione penale. Inoltre, si precisa che la destinazione è mantenuta sino alla definizione dei relativi procedimenti.
Inammissibile è il quarto motivo del ricorso con cui la difesa di COGNOME NOME eccepisce l’intervenuta prescrizione del delitto associativo prima della deliberazione della sentenza di appello.
Sebbene nei confronti della sentenza resa all’esito di concordato in appello sia proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l’omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza, nel caso in esame, a fronte di una contestazione in permanenza del delitto associativo, il ricorrente indica quale momento della cessazione quello dell’esecuzione delle misure cautelari, tema che necessariamente involge accertamenti di fatto preclusi al giudice di legittimità.
Inammissibile è anche il quinto motivo di ricorso con cui la difesa di COGNOME NOME si duole della declaratoria di inammissibilità della richiesta di applicazione delle sanzioni sostitutive avanzata dall’imputato a corredo della richiesta di concordato. In particolare, la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere l’istanza tardiva poiché non avanzata tempestivamente coi motivi nuovi, non essendosi tenuto conto che alla richiesta si era giunti dopo alcuni rinvii determinati proprio dalla necessità di giungere ad un concordato e ad una pena finale che avrebbe consentito l’applicazione della pena sostitutiva.
Tanto premesso, rileva il Collegio che, a prescindere dalla questione relativa alla cadenza temporale in cui i presupposti formali per la sostituzione della pena divengano attuali a seguito della definizione del giudizio di secondo grado, resta il dato, comunque ostativo, dell’entità della pena finale che è stata inflitta al ricorrente, pari ad anni quattro e mesi sette di reclusione ed euro 1.900,00 di multa, e, dunque, superiore al limite stabilito dall’art. 20-bis cod. pen. in relazione all’art. 53 I. n. 689/1981, posto che ai fini della determinazione dei limiti entro quali possono essere applicate le sanzioni sostitutive di cui all’art. 53 legge 24 novembre 1981, n. 689, deve tenersi conto, nel caso in cui vengano in rilievo più reati unificati per concorso formale o continuazione, della pena detentiva risultante dagli aumenti effettuati ai sensi dell’art. 81, cod. pen., non potendosi considerare isolatamente la pena inflitta per il reato più grave ovvero, qualora la sostituzione sia ammissibile soltanto per alcuni dei reati unificati, la parte di pena irrogata per questi ultimi (Sez. 1, n. 33971 del 29/03/2024, COGNOME, Rv. 286748 – 01).
Peraltro, per completezza, va altresì rilevato che il P.G., pur prestando parere
favorevole al concordato, chiese contestualmente di dichiarare inammissibile per tardività la richiesta di sostituzione della pena e, pertanto, la richiest dell’imputato fu priva del consenso del pubblico ministero. Sebbene la richiesta di pena sostitutiva possa essere avanzata anche nell’ambito delle procedure a pena concordata tra le parti (in tal senso anche la recente modifica dell’art. 599-bis, comma 1, cod. proc. pen. ad opera del D.Lgs. n. 31 del 2024) occorre, però, che essa faccia parte dell’accordo, per come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo all’ipotesi del patteggiamento, ma con orientamento estensibile anche al concordato (ex multis, Sez. 6, ord., n. 30767 del 28/04/2023, COGNOME, Rv. 284978 – 01).
5. Il secondo e terzo motivo di NOME e tutti gli altri motivi degli altr coimputati sono inammissibili in quanto non consentiti in sede di legittimità: in tema di concordato in appello è, infatti, ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edit ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170 – 01).
6. In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione di profili di inammissibilità evidenziati (Corte cost., sentenza n. 186 del 13 giugno 2000).
P.Q.M.
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i GLYPH -,clo oo rnm C, -O a -1 Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende.
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Così deciso, il 4 febbraio 2025.
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