Concordato in Appello: Quando è Inammissibile il Ricorso in Cassazione?
La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 19180 del 2024, offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per cassazione a seguito di un concordato in appello. Questa procedura, prevista dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, permette alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado, ma con precise conseguenze sulla possibilità di future impugnazioni. Analizziamo la decisione per comprendere la portata dell’effetto devolutivo e le sue implicazioni pratiche.
Il Caso in Esame: Dalla Condanna al Ricorso
Il ricorrente era stato condannato in primo grado per il reato di rapina aggravata in concorso. In sede di appello, la difesa e la Procura Generale avevano raggiunto un accordo, il cosiddetto concordato in appello. In base a tale accordo, l’imputato rinunciava a tutti i motivi di appello, ad eccezione di quello relativo alla quantificazione della pena. La Corte di appello di Milano, accogliendo l’accordo e riconoscendo le attenuanti generiche, aveva rideterminato la pena in cinque anni di reclusione e 1.000 euro di multa.
Nonostante l’accordo, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un unico motivo: il mancato esame da parte della Corte d’appello delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale, che il giudice è tenuto a valutare in ogni stato e grado del processo.
I Limiti Imposti dal Concordato in Appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la sua decisione sulla natura stessa del concordato in appello e sull’effetto devolutivo dell’impugnazione.
La Rinuncia ai Motivi come Atto Vincolante
Il cuore della questione risiede nella rinuncia ai motivi di appello. Quando l’imputato accetta di concordare la pena, rinuncia volontariamente a contestare specifici punti della sentenza di primo grado. Questo atto limita la cognizione del giudice d’appello esclusivamente ai punti non oggetto di rinuncia, in questo caso la sola quantificazione della pena.
Le Questioni non Deducibili in Cassazione
Di conseguenza, il ricorso in Cassazione non può vertere su doglianze che riguardano i motivi rinunciati. La Suprema Corte, richiamando una giurisprudenza consolidata, ha specificato che sono inammissibili i ricorsi basati su:
* Mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.
* Questioni rilevabili d’ufficio.
* Cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove.
* Insussistenza di circostanze aggravanti.
Una volta che l’imputato ha rinunciato ai motivi, il potere del giudice è circoscritto e non può estendersi a questioni che esulano dall’accordo tra le parti.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte Suprema ha motivato la propria decisione sottolineando che l’effetto devolutivo dell’impugnazione, una volta perfezionato il concordato e la rinuncia, preclude un riesame di questioni ormai definite. Permettere all’imputato di riproporre in sede di legittimità motivi a cui aveva esplicitamente rinunciato svuoterebbe di significato l’istituto del concordato in appello, che si fonda proprio su un accordo sinallagmatico tra accusa e difesa per una definizione più rapida del processo. La cognizione del giudice viene cristallizzata dall’accordo delle parti, e il ricorso in Cassazione può essere ammesso solo per vizi relativi alla formazione della volontà di accedere al concordato, al consenso del Procuratore o a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, ma non per riesaminare il merito dei motivi rinunciati.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale della procedura penale: la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente i benefici di una pena potenzialmente più mite a fronte della preclusione di contestare altri aspetti della sentenza. La decisione della Cassazione rafforza la stabilità degli accordi processuali e chiarisce che la rinuncia ai motivi d’appello è un atto tombale, che non può essere aggirato attraverso il ricorso per vizi di legittimità relativi a questioni che si erano volontariamente escluse dal giudizio di secondo grado.
Dopo aver raggiunto un concordato in appello, si può ricorrere in Cassazione per motivi a cui si era rinunciato, come la mancata valutazione delle cause di proscioglimento?
No, la Corte di Cassazione stabilisce che il ricorso è inammissibile per i motivi che sono stati oggetto di rinuncia nell’ambito dell’accordo in appello. La cognizione del giudice è limitata ai soli motivi non rinunciati.
Quali sono gli unici motivi per cui è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo se contesta vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta, oppure se il contenuto della pronuncia del giudice è difforme dall’accordo raggiunto.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19180 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 19180 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la sentenza in data 22/01/2024 della Corte di appello di Milano, terza sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato nelle forme del rito de plano ex art. 610, comma 5 -bis cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza in data 22/01/2024, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Milano in data 21/06/2023, appellata da NOME COGNOME, sull’accordo delle parti e con rinuncia ai motivi di appello diversi dalla quantificazione della pena, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, rideterminava la pena nei confronti del sunnominato nella misura di anni cinque di reclusione ed euro 1.000 di multa in relazione al reato di rapina aggravata in concorso.
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, per lamentare, quale motivo unico, il mancato esame delle cause di proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen.
3. Il ricorso è inammissibile.
In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, COGNOME, Rv. 272969), alle questioni rilevabili d’ufficio (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, COGNOME, Rv. 273194), all’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove (Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, COGNOME, Rv. 272853), all’insussistenza di circostanze aggravanti (Sez. 3, n. 30190 del 08/03/2018, COGNOME, Rv. 273755), in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 27/03/2024.