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Concordato in appello: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due imputate avverso una sentenza di “concordato in appello”. La Corte chiarisce che il suo controllo si limita alla legalità della pena pattuita, non alla sua congruità. Inoltre, la sospensione condizionale deve essere parte integrante dell’accordo per essere concessa.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è un passo falso

Il concordato in appello, noto anche come patteggiamento in appello, è uno strumento processuale che consente di definire il giudizio di secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 7076/2025) offre un’importante lezione sui limiti dell’impugnazione contro le sentenze che ratificano tali accordi. La Corte ha infatti dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputate, delineando con chiarezza i confini del controllo di legittimità in questa materia.

I fatti del caso e l’accordo in Appello

Due imputate, dopo una condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Napoli Nord, avevano raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte di Appello di Napoli. La Corte territoriale, con sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, aveva accolto la proposta di concordato in appello, riducendo la pena precedentemente inflitta.

Nonostante l’accordo raggiunto, le difese delle due donne decidevano di presentare ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione nella decisione della Corte d’Appello.

I motivi del ricorso: una motivazione ritenuta carente

I ricorsi si basavano essenzialmente sulla violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) del codice di procedura penale, che sanziona la mancanza o manifesta illogicità della motivazione. In particolare:

1. Una ricorrente lamentava una motivazione carente in via generale, senza specificare ulteriormente le ragioni a sostegno della decisione.
2. L’altra ricorrente contestava la motivazione sia sulla determinazione della pena (trattamento sanzionatorio) sia sul mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Entrambe, quindi, cercavano di rimettere in discussione elementi che erano stati oggetto dell’accordo processuale.

La decisione della Cassazione sul concordato in appello

La Suprema Corte ha respinto entrambi i ricorsi, dichiarandoli inammissibili per una serie di ragioni nette e consolidate in giurisprudenza. La decisione si fonda su tre pilastri argomentativi principali.

1. Genericità dei motivi di ricorso

Innanzitutto, la Corte ha definito i ricorsi come generici. Le doglianze erano presentate come “mere ed astratte asserzioni”, senza enunciare ed argomentare esplicitamente i rilievi critici rispetto alla decisione impugnata. Un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve contenere critiche specifiche e puntuali, tali da permettere al giudice di comprendere esattamente quali aspetti della decisione precedente si contestano e perché.

2. I limiti del controllo sulla pena concordata

Il punto cruciale della decisione riguarda la natura del controllo che il giudice può esercitare sulla pena oggetto del concordato in appello. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il controllo della Corte di Appello è limitato alla legalità della pena, non alla sua congruità. Questo significa che il giudice deve solo verificare che la pena pattuita tra le parti rientri nei limiti edittali previsti dalla legge per quel reato. Non può, invece, valutarne l’adeguatezza o l’equità, poiché si tratta di un “negozio processuale liberamente stipulato dalle parti”. Il giudice può solo accogliere o rigettare l’accordo, non modificarlo.

3. La sospensione condizionale della pena

Anche la censura relativa al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena è stata ritenuta inammissibile. La Corte ha spiegato che, in caso di sentenza emessa a seguito di concordato in appello, tale beneficio può essere concesso solo a due condizioni:

– Che fosse parte integrante dell’accordo stesso.
– Che le parti avessero esplicitamente devoluto la decisione sul punto al potere discrezionale del giudice.

Nel caso di specie, nessuna di queste circostanze si era verificata, rendendo la doglianza infondata.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano sulla necessità di preservare la natura negoziale del concordato in appello. Consentire un’impugnazione basata sulla congruità della pena o su benefici non inclusi nell’accordo significherebbe snaturare l’istituto, trasformando un patto processuale in una decisione unilaterale del giudice soggetta a riesame nel merito. La Corte sottolinea che l’accordo sulla pena è un atto di disposizione delle parti, il cui unico limite è la legalità. Una volta verificato che la pena pattuita non viola la legge, il ruolo del giudice si esaurisce. La decisione riafferma che il ricorso per Cassazione non può diventare uno strumento per rimettere in discussione scelte processuali liberamente compiute dalle parti e ratificate dal giudice d’appello nei limiti delle sue competenze.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per la difesa. Impugnare una sentenza di concordato in appello per motivi legati alla congruità della pena o a benefici non pattuiti è una strategia processuale destinata al fallimento. La Cassazione ha tracciato una linea chiara: l’accordo è un patto e, una volta accettato dal giudice nei limiti della legalità, non può essere rimesso in discussione nel merito. La conseguenza di un ricorso inammissibile, come in questo caso, non è solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, rendendo il tentativo di impugnazione ulteriormente gravoso per l’imputato.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di “concordato in appello” per carenza di motivazione sulla congruità della pena?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il controllo del giudice d’appello in caso di concordato è limitato alla legalità della pena (cioè che rientri nei limiti previsti dalla legge) e non si estende alla sua congruità o adeguatezza, poiché questa è frutto di un accordo tra le parti.

In un “concordato in appello”, il giudice può concedere la sospensione condizionale della pena se non era prevista nell’accordo?
No. Secondo la Corte, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere riconosciuto solo se era parte integrante dell’accordo pattuito tra le parti o se la questione era stata esplicitamente devoluta da entrambe le parti alla discrezionalità del giudice, circostanze non verificatesi nel caso di specie.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene giudicato generico?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte ha ribadito che i motivi devono essere specifici e contenere critiche argomentate rispetto alle ragioni della decisione impugnata. Mere e astratte asserzioni non sono sufficienti per consentire al giudice dell’impugnazione di esercitare il proprio sindacato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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