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Concordato in Appello: Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di un **concordato in appello**. L’imputato aveva rinunciato ai motivi di appello per concordare la pena, ma ha poi impugnato la decisione lamentando il mancato proscioglimento. La Corte ha ribadito che, accettando il concordato, si rinuncia a contestare questioni di merito, limitando il ricorso a vizi specifici dell’accordo stesso.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente all’imputato di accordarsi con l’accusa per una ridefinizione della pena, rinunciando ai motivi di appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sez. 7, n. 35675/2024) ha ribadito con fermezza i limiti del successivo ricorso per cassazione, chiarendo quali doglianze diventano inammissibili una volta che si è scelto il percorso dell’accordo. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Il Ricorso Dopo l’Accordo

Nel caso in esame, un imputato, dopo aver ottenuto una sentenza favorevole basata su un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello, ha deciso di presentare ricorso in Cassazione. Le sue lamentele vertevano su due punti principali: la violazione di legge e il vizio di motivazione per il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (che impone l’assoluzione in presenza di determinate cause di non punibilità) e per il diniego delle circostanze attenuanti generiche. In sostanza, pur avendo beneficiato dell’accordo sulla pena, l’imputato contestava la mancata assoluzione nel merito.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio giuridico consolidato, uno ius receptum, che regola le conseguenze della scelta di accedere al concordato in appello. Secondo la Corte, il ricorso era generico e non affrontava le uniche questioni che avrebbero potuto essere sollevate in quella sede.

Le conseguenze del concordato in appello sull’impugnazione

I giudici hanno chiarito che, quando si stipula un accordo sulla pena in appello, l’ambito del successivo ricorso in cassazione si restringe drasticamente. È possibile contestare la sentenza solo per motivi che attengono alla formazione dell’accordo stesso, come ad esempio:

* Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
* Vizi relativi al consenso del Procuratore Generale.
* Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.

Al di fuori di queste ipotesi, le altre questioni, comprese quelle rilevabili d’ufficio come il proscioglimento ex art. 129 c.p.p., si intendono rinunciate.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che il potere dispositivo riconosciuto all’imputato con l’istituto del concordato in appello non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma produce effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, incluso il giudizio di legittimità. Scegliere di concordare la pena equivale a una rinuncia implicita a far valere i motivi di appello precedentemente proposti. Di conseguenza, il giudice d’appello non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento o sulla sussistenza di aggravanti, poiché la sua cognizione è limitata dall’accordo tra le parti. Questo effetto devolutivo parziale si estende al giudizio di Cassazione, rendendo inammissibile un ricorso che tenti di rimettere in discussione il merito della responsabilità penale. La Cassazione, citando numerosi precedenti conformi, ha affermato che tale principio era valido anche sotto la vigenza della normativa precedente, a dimostrazione della sua solidità nell’ordinamento.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato e il suo difensore devono essere consapevoli che, accettando di concordare la pena, si chiude la porta a quasi ogni futura contestazione sulla responsabilità. Il beneficio di una pena più mite si paga con la rinuncia a far valere le proprie ragioni nel merito. Il ricorso in Cassazione rimane un’opzione, ma solo per contestare la correttezza formale e sostanziale dell’accordo, non per riaprire una discussione che le parti stesse hanno deciso di chiudere. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro sottolinea ulteriormente l’onere di presentare ricorsi fondati e ammissibili.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
Sì, ma solo per motivi specifici che riguardano la formazione dell’accordo, come vizi nella volontà delle parti o nel consenso del Procuratore Generale, oppure se la sentenza del giudice è difforme dall’accordo stesso. Non è possibile riproporre questioni di merito a cui si è rinunciato.

Se accetto un concordato in appello, posso poi lamentare in Cassazione che il giudice non mi ha prosciolto ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
No. L’ordinanza chiarisce che l’accordo sulla pena implica la rinuncia a tali questioni. Il potere del giudice viene limitato dall’accordo e, di conseguenza, il ricorso basato sulla mancata assoluzione è inammissibile perché verte su un punto a cui l’imputato ha implicitamente rinunciato.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, se non si ravvisa una mancanza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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