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Concordato in appello: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello. L’imputato lamentava l’incongruità della pena pecuniaria, ma la Corte ha ribadito che il ricorso è ammesso solo per motivi di illegalità della sanzione e non per valutarne l’adeguatezza, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile

Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, consentendo alle parti di accordarsi sulla determinazione della pena in secondo grado. Tuttavia, l’adesione a tale accordo comporta importanti limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 30847/2024) chiarisce in modo netto i confini del ricorso avverso le sentenze emesse su accordo delle parti, ribadendo un principio fondamentale: la contestazione non può vertere sulla congruità della pena, ma solo sulla sua eventuale illegalità.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna per violazione della legge sugli stupefacenti (art. 73, D.P.R. 309/1990). In secondo grado, la Corte di Appello di Napoli, accogliendo l’accordo tra l’imputato e la procura, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado. La pena detentiva veniva ridotta a sei mesi di reclusione, mentre veniva confermata la pena pecuniaria di 2.000,00 euro di multa.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione. La sua unica doglianza riguardava la pena pecuniaria, ritenuta incongrua, e la mancata conversione della pena detentiva nella corrispondente sanzione pecuniaria.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Concordato in Appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la natura del concordato in appello limita drasticamente i motivi per cui è possibile presentare un successivo ricorso. L’accordo si fonda sulla rinuncia ai motivi di impugnazione, cristallizzando la responsabilità penale e la qualificazione giuridica del fatto. Di conseguenza, non è più possibile rimettere in discussione tali aspetti.

Le Motivazioni: la Distinzione tra Pena Illegale e Pena Incongrua

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione cruciale tra “pena illegale” e “pena incongrua”. La Corte ha spiegato che il ricorso in Cassazione avverso una sentenza ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo in casi eccezionali, come vizi nella formazione della volontà delle parti o quando la sanzione inflitta è palesemente illegale. Una pena è considerata “illegale” quando non è prevista dalla legge per quel tipo di reato, oppure quando è applicata in una misura che eccede i limiti massimi o è inferiore ai limiti minimi stabiliti dalla norma (limiti edittali).

Nel caso di specie, la lamentela dell’imputato non verteva sull’illegalità della multa, ma sulla sua presunta “incongruità”, ovvero sulla sua eccessività rispetto al caso concreto. Questa valutazione, tuttavia, rientra nella discrezionalità del giudice di merito ed è oggetto di rinuncia nel momento in cui si accede al concordato in appello. Accettando l’accordo, l’imputato ha implicitamente accettato la pena nella sua interezza, compresa la componente pecuniaria, rinunciando a contestarne l’adeguatezza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

L’ordinanza in esame offre un importante monito per la prassi legale. La scelta di aderire a un concordato in appello deve essere ponderata attentamente, con la piena consapevolezza delle sue conseguenze. Si tratta di una rinuncia tombale alla quasi totalità dei motivi di impugnazione. La difesa non potrà più, in sede di legittimità, sollevare questioni relative alla valutazione delle prove, alla qualificazione del fatto o, come in questo caso, all’equità della pena concordata. L’unica porta che rimane aperta è quella, molto stretta, dell’illegalità della sanzione, un vizio grave e oggettivo che trascende qualsiasi valutazione discrezionale. La decisione della Cassazione rafforza quindi la natura vincolante dell’accordo e la sua funzione di definizione rapida del processo, sanzionando con l’inammissibilità e la condanna a spese i tentativi di rimetterlo in discussione per motivi non consentiti.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di “concordato in appello” per contestare l’ammontare della pena?
No, non è possibile se la contestazione riguarda la mera congruità o adeguatezza della pena. Il ricorso è ammesso, per quanto riguarda la sanzione, solo se la pena applicata è “illegale”, ovvero non prevista dalla legge per quel reato o applicata al di fuori dei limiti edittali.

Quali sono i motivi ammessi per ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello?
I motivi sono estremamente limitati e, come precisato dalla Corte, possono riguardare vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, a un contenuto della sentenza difforme da quanto pattuito, oppure all’illegalità della pena inflitta.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene stabilito dal giudice tenendo conto del grado di colpa nel proporre un’impugnazione per motivi non consentiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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