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Concordato in appello: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado tramite il concordato in appello, contestava la misura delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ribadisce che l’accordo preclude la possibilità di contestare la quantificazione della pena, salvo i casi di illegalità della sanzione o vizi nella formazione della volontà delle parti.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che permette a imputato e pubblico ministero di accordarsi sull’accoglimento di alcuni motivi d’appello, con conseguente rideterminazione della pena. Ma cosa succede se, una volta ottenuta la nuova sentenza, l’imputato non è soddisfatto e decide di ricorrere in Cassazione? Un’ordinanza della Suprema Corte chiarisce i ristretti limiti di questa possibilità.

Il Caso in Esame: Dal Tribunale alla Cassazione

Nel caso di specie, un soggetto era stato condannato in primo grado per due episodi di furto aggravato. In appello, la sua difesa aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale, un concordato in appello, per ottenere una pena più mite. La Corte d’Appello, accogliendo l’accordo, aveva riformato la sentenza, rideterminando la pena in un anno e quattro mesi di reclusione e 250 euro di multa, riconoscendo le attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, la Corte d’Appello non aveva spiegato adeguatamente perché le attenuanti generiche non fossero state concesse nella loro massima estensione, ovvero in misura prevalente sulle aggravanti, il che avrebbe portato a una pena ancora più bassa.

Limiti al Ricorso dopo il Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire un principio giuridico consolidato, o ius receptum. L’adesione al concordato in appello implica una rinuncia ai motivi di impugnazione che ne sono oggetto. Di conseguenza, non è possibile, in un secondo momento, contestare proprio gli aspetti che sono stati definiti con l’accordo.

La Rinuncia ai Motivi come Punto Focale

L’essenza del concordato sta proprio nello scambio: l’imputato rinuncia a contestare certi punti della sentenza di primo grado in cambio di una pena certa e più favorevole. Presentare un ricorso successivo per lamentarsi della modulazione della pena, come la valutazione delle circostanze attenuanti, equivale a contraddire la volontà stessa espressa con l’accordo. La legge, infatti, consente il ricorso in Cassazione avverso una sentenza di concordato solo in casi eccezionali:

1. Vizi della volontà: se il consenso dell’imputato o del pubblico ministero all’accordo era viziato.
2. Contenuto difforme: se la decisione del giudice si discosta dall’accordo raggiunto tra le parti.
3. Illegalità della pena: se la sanzione applicata è illegale, ovvero diversa per specie da quella prevista dalla legge o determinata fuori dai limiti edittali.

Nessuna di queste ipotesi ricorreva nel caso in esame.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che la doglianza dell’imputato non riguardava un’illegalità della pena, ma la sua modulazione e quantificazione discrezionale da parte del giudice. Tale aspetto rientra pienamente nell’oggetto dell’accordo e, di conseguenza, nei motivi d’appello a cui l’imputato aveva implicitamente rinunciato. L’accordo sulla quantificazione della pena preclude la deducibilità di questioni relative alla mancata concessione di attenuanti o ad altri aspetti del trattamento sanzionatorio. Ammettere un ricorso del genere svuoterebbe di significato l’istituto del concordato, la cui finalità è proprio quella di definire il processo in modo rapido e certo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza rafforza la natura tombale del concordato in appello per quanto riguarda la determinazione della pena. La scelta di accedere a questo strumento processuale deve essere ponderata, poiché chiude la porta a successive contestazioni sul quantum della sanzione. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che l’accordo deve essere considerato definitivo sulla pena e che eventuali ricorsi in Cassazione potranno basarsi solo su vizi genetici dell’accordo stesso o su palesi illegalità della sanzione irrogata, non su un ripensamento circa la convenienza dell’intesa raggiunta. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 4.000 euro alla Cassa delle ammende, a sottolineare la manifesta infondatezza del ricorso.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammissibile se riguarda vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, se la decisione del giudice è difforme dall’accordo stesso, o se la pena applicata è illegale (ad esempio, fuori dai limiti previsti dalla legge).

Dopo un concordato in appello, si può contestare la valutazione delle circostanze attenuanti generiche?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’accordo sulla quantificazione della pena include implicitamente la rinuncia a contestare la sua modulazione, compresa la valutazione delle circostanze attenuanti. Tali questioni sono coperte dall’accordo e non possono essere riproposte con un ricorso successivo.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso contro una sentenza di concordato?
Quando il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, se la Corte ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso (perché manifestamente infondato), può condannare il ricorrente anche al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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