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Concordato in appello: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello), aveva lamentato la mancata valutazione di una possibile causa di proscioglimento. La Corte ribadisce che i motivi di appello a cui si è rinunciato non possono essere riproposti in sede di legittimità, confermando la solidità dell’istituto del patteggiamento in secondo grado.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: I Limiti del Ricorso in Cassazione

L’istituto del concordato in appello, previsto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sull’entità della pena in secondo grado, rinunciando ai motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 341/2024, torna a definire con chiarezza i confini del successivo ricorso per Cassazione, stabilendo quali doglianze siano ammissibili e quali no. Questa decisione è cruciale per comprendere la natura essenzialmente “tombale” di tale accordo processuale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. In quella sede, la difesa aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale sulla pena da applicare, rinunciando a tutti gli altri motivi di appello. La Corte d’Appello, preso atto dell’accordo, aveva emesso la sentenza conformemente a quanto pattuito.

Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, sollevando un’unica doglianza: a suo dire, il giudice d’appello avrebbe omesso di verificare la sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale, prima di ratificare l’accordo sulla pena.

La Decisione della Corte e il concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale per ribadire la logica e la funzione del concordato in appello. Questo istituto si fonda su una scelta strategica dell’imputato che, in cambio di una determinazione concordata e potenzialmente più favorevole della pena, accetta di rinunciare a contestare altri aspetti della sentenza di primo grado.

La Corte ha specificato che, una volta formalizzato l’accordo e la rinuncia ai motivi, non è più possibile rimettere in discussione questioni che sono state oggetto di tale rinuncia. Di conseguenza, la presunta mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. rientra tra i motivi rinunciati e, pertanto, non può essere fatta valere in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si basa sulla natura stessa del concordato in appello. L’accordo tra le parti cristallizza il thema decidendum del giudice d’appello, limitandolo alla verifica della correttezza dell’accordo stesso e alla legalità della pena pattuita. Ammettere un ricorso in Cassazione per motivi a cui la parte ha esplicitamente rinunciato significherebbe snaturare l’istituto, vanificandone l’effetto deflattivo e la certezza processuale.

La Suprema Corte ha chiarito che il ricorso avverso una sentenza ex art. 599-bis c.p.p. è consentito solo in casi eccezionali e tassativi, quali:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero.
3. Pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.
4. Applicazione di una pena illegale (ad esempio, perché supera i limiti edittali o è di specie diversa da quella prevista dalla legge).

Poiché la doglianza del ricorrente non rientrava in nessuna di queste categorie, ma riguardava un motivo oggetto di rinuncia, il ricorso è stato correttamente dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di impugnazioni penali: la scelta del concordato in appello è una decisione processuale seria e con conseguenze definitive. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente i benefici di un accordo sulla pena rispetto alla perdita della possibilità di far valere altri motivi di impugnazione. La pronuncia della Cassazione serve da monito: una volta intrapresa la via dell’accordo, non sono ammessi ripensamenti. La porta del ricorso per motivi rinunciati, inclusa la potenziale esistenza di cause di proscioglimento, si chiude definitivamente con la sentenza di appello.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo un “concordato in appello” sostenendo che il giudice avrebbe dovuto prosciogliermi?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, una volta accettato il concordato e rinunciato ai relativi motivi, non è più possibile lamentare la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.

Quali sono gli unici motivi per cui si può impugnare una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi che riguardano la formazione della volontà di accedere all’accordo, il consenso del pubblico ministero, un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, o se la pena applicata è illegale (ad esempio, diversa o superiore a quella prevista dalla legge).

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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