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Concordato in appello: limiti del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da due imputati avverso una sentenza della Corte d’Appello emessa a seguito di un concordato in appello. La Suprema Corte ha chiarito che, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, non è possibile impugnare la decisione né per motivi ai quali si è rinunciato esplicitamente, né per contestare l’entità della pena concordata, che rappresenta il cuore dell’accordo stesso. Il ricorso inammissibile è una conseguenza diretta della natura pattizia di tale istituto.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla rideterminazione della pena nel secondo grado di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili dell’impugnazione contro una sentenza che recepisce tale accordo, dichiarando i ricorsi proposti inammissibili. Analizziamo questa importante pronuncia.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che, in parziale riforma di una precedente decisione del GUP, aveva applicato a due imputati pene concordate tra le parti per i reati di tentata estorsione pluriaggravata e danneggiamento seguito da incendio. Nonostante l’accordo raggiunto, entrambi gli imputati, tramite i loro difensori, decidevano di proporre ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza.

Le Doglianze dei Ricorrenti

I motivi del ricorso erano distinti:
1. Il primo imputato lamentava un’erronea applicazione della legge e un’illogicità della motivazione riguardo a un’aggravante specifica, sostenendo che la Corte d’Appello avesse omesso di considerare la sua estraneità a contesti di criminalità organizzata.
2. Il secondo imputato, invece, contestava la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione riguardo all’entità della pena inflitta, ritenendo che il trattamento sanzionatorio non fosse stato adeguatamente giustificato.

Le Motivazioni della Cassazione: perché il ricorso dopo il concordato in appello è inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, dichiarandoli inammissibili sulla base di due principi procedurali distinti ma complementari.

Per il primo ricorrente, la Corte ha rilevato un vizio insanabile: il motivo di appello relativo all’aggravante era stato oggetto di esplicita rinuncia durante l’udienza in Corte d’Appello. Come riportato nella stessa sentenza impugnata, i difensori, muniti di procura speciale, avevano dichiarato di rinunciare a tutti i motivi di appello tranne quello relativo al trattamento sanzionatorio, sul quale si era appunto formato l’accordo con la Procura Generale. Proporre ricorso per cassazione su un motivo a cui si è già rinunciato è, pertanto, una pratica non consentita.

Per il secondo ricorrente, la Suprema Corte ha richiamato il suo consolidato orientamento giurisprudenziale sul concordato in appello. L’accordo sulla pena ha natura pattizia: le parti scelgono volontariamente di definire il processo accettando una determinata pena. Di conseguenza, le uniche doglianze ammissibili contro la sentenza che ne deriva sono quelle che attengono a eventuali vizi della volontà delle parti (ad esempio, un consenso estorto) o al mancato rispetto delle regole procedurali dell’accordo. Non è invece possibile contestare il contenuto stesso dell’accordo, come l’entità della pena, poiché ciò contraddirebbe la volontà espressa di accettarla.

Le Conclusioni: l’effetto vincolante del patto processuale

La decisione in esame ribadisce con forza il carattere vincolante del concordato in appello. Una volta che le parti raggiungono un’intesa e il giudice la ratifica con una sentenza, lo spazio per ulteriori impugnazioni si restringe drasticamente. Rinunciare a specifici motivi di appello per ottenere un accordo è una scelta processuale definitiva, che preclude la possibilità di riproporre le stesse questioni in Cassazione. Allo stesso modo, accettare una pena significa rinunciare a contestarne la congruità. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente le conseguenze di un accordo processuale, che, sebbene vantaggioso, cristallizza l’esito del giudizio in modo quasi definitivo.

È possibile impugnare una sentenza emessa dopo un ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi molto specifici, come vizi relativi alla volontà della parte di accedere all’accordo o al consenso del pubblico ministero. Non è possibile contestare il merito della pena concordata, poiché questa è oggetto dell’accordo stesso.

Cosa succede se si rinuncia a un motivo di appello per raggiungere un accordo?
Se una parte rinuncia esplicitamente a uno o più motivi di appello per ottenere un concordato sulla pena, non può successivamente riproporre gli stessi motivi in un ricorso per cassazione. La rinuncia è considerata definitiva.

Perché il ricorso sulla quantificazione della pena è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso sull’entità della pena è stato dichiarato inammissibile perché la pena era il risultato di un accordo volontario tra difesa e accusa. Contestare la pena concordata equivarrebbe a contraddire l’accordo stesso, che la legge intende tutelare nella sua stabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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