Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18420 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 18420 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da:
NOME nato il 06/02/1986 a PALERMO
avverso la sentenza in data 18/10/2024 della CORTE DI APPELLO DI PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME a seguito di trattazione con procedura de plano .
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME per mezzo del proprio procuratore speciale, ricorre avverso la sentenza in data 18/10/2024 della Corte di appello di Palermo, che ha applicato la pena indicata dalle parti, così come da loro determinata con l’accordo raggiunto ai sensi dell’art. 599bis , cod.proc.pen.
Deduce:
1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di dosimetria della pena, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 86 del 2024.
1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62, comma primo, n. 4 cod. pen e 62 bis cod. pen..
Ciò premesso, il ricorso è inammissibile perché propone questioni non consentite in presenza di una sentenza pronunciata a seguito di rinuncia ai motivi di ricorso, dovendosi richiamare il consolidato insegnamento della Corte di cassazione secondo il quale «in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge», (Sez. 1, Sentenza n. 944 del 23/10/2019 Cc., dep. 13/01/2020, Rv. 278170).
Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti e la correlata richiesta di rideterminazione della pena oltre che le doglianza circa la misura della pena irrogata si pongono, dunque, al di fuori delle ipotesi per cui è consentito il ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis, cod.proc..
Quanto al dedotto vizio di omessa motivazione sull’attenuante introdotta all’indomani della sentenza n. 86 del 13 maggio 2024 della Corte costituzionale, si deve rilevare che la sentenza oggi impugnata è stata pronunciata il 18/10/2024, in data successiva alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale, avutasi il 15 maggio 2024.
A fronte di tale evenienza, va ribadito che in tema di impugnazioni, non è deducibile con ricorso per cassazione l’omessa motivazione del giudice di appello in ordine al denegato riconoscimento dell’attenuante della lieve entità del delitto di estorsione, prevista dalla sentenza della Corte cost. n. 86 del 2024, ove la questione, già proponibile in quella sede, non sia stata prospettata in appello con i motivi aggiunti ovvero in sede di formulazione delle conclusioni (in tal senso, si veda, in relazione al delitto di estorsione, Sez. 2, n. 19543 del 27/03/2024, Rv. 286536 – 01).
Da ciò discende l’inammissibilità del motivo della doglianza, atteso che il ricorrente era nelle condizioni di far considerare nell’accordo intervenuto tra le parti l’attenuante che oggi si reclama.
Da quanto esposto discende l’inammissibilità del ricorso, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 16/04/2025