Concordato in Appello: Quando l’Accordo Preclude il Ricorso in Cassazione
Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che permette alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i limiti all’impugnazione successiva a tale accordo, chiarendo quali doglianze non possono più essere sollevate.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. La particolarità risiedeva nel fatto che la sentenza di secondo grado era stata emessa proprio a seguito di un concordato in appello. Nonostante l’accordo raggiunto, il ricorrente decideva di adire la Corte di Cassazione, lamentando un vizio specifico: l’assenza di motivazione in ordine all’insussistenza delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale, che il giudice è tenuto a valutare prima di qualsiasi altra decisione.
Il Principio della Rinuncia Implicita nel Concordato in Appello
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il fulcro della decisione si basa su un principio consolidato: l’accordo delle parti sui punti concordati implica una rinuncia a dedurre, nel successivo giudizio di legittimità, ogni altra doglianza. Questo vale anche per le questioni che, in assenza di accordo, sarebbero rilevabili d’ufficio dal giudice.
L’adesione al concordato in appello non è una semplice accettazione della pena, ma un atto processuale complesso che ridefinisce l’oggetto del giudizio, limitandolo ai punti dell’accordo stesso. Pertanto, chi sceglie questa via accetta implicitamente di non poter più contestare altri aspetti della sentenza, salvo rare e specifiche eccezioni.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha specificato che esistono solo due eccezioni principali a questa regola generale. Un ricorso in Cassazione dopo un concordato è ammissibile solo se:
1. Viene irrogata una pena illegale, ovvero una sanzione non prevista dalla legge o applicata in violazione dei limiti edittali.
2. Sussistono vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, o al consenso prestato dal pubblico ministero.
Nel caso di specie, nessuna di queste situazioni era presente. La doglianza del ricorrente, relativa alla mancata motivazione sulle cause di proscioglimento, non rientrava in queste eccezioni e, pertanto, era preclusa dall’accordo stesso. La Corte ha citato precedenti giurisprudenziali conformi (Cass. n. 41254/2019 e n. 944/2019), rafforzando l’orientamento secondo cui l’accordo cristallizza la decisione, limitando drasticamente le possibilità di impugnazione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Se da un lato offre il vantaggio di una rapida definizione del processo e di una pena potenzialmente più mite, dall’altro comporta la rinuncia a far valere gran parte dei vizi della sentenza. La Corte ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso e, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p., ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: una volta siglato l’accordo, le porte per ulteriori contestazioni si chiudono quasi ermeticamente.
È possibile impugnare una sentenza basata su un concordato in appello per mancata motivazione sulle cause di proscioglimento?
No, secondo l’ordinanza, l’accordo tra le parti per un concordato in appello implica la rinuncia a sollevare tale doglianza nel successivo giudizio di Cassazione, poiché non rientra nelle eccezioni previste dalla legge.
Quali sono le uniche eccezioni per cui si può ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello?
Il ricorso è ammesso solo in caso di irrogazione di una pena illegale o per motivi che hanno viziato la formazione della volontà della parte di accedere al concordato o il consenso del pubblico ministero.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso di questo tipo?
Come stabilito nel provvedimento, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso fissata in tremila euro, da versare alla cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12307 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12307 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
1~-50-3111
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorrente lamenta l’assenza di motivazione in ordine all’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. in sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen.;
Ritenuto che l’accordo delle parti in ordine ai punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questione rilevabile di ufficio, con l’eccezione dell’irrogazione di una pena illegale (Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196) e di motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato nonché al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170), situazioni che nella specie non ricorrono;
Rilevato, pertanto, che, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 26 gennaio 2024.