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Concordato in appello: limiti all’impugnazione

Un imputato, dopo aver ottenuto una riduzione della pena tramite un concordato in appello, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando l’errata applicazione della recidiva e la mancata revoca della confisca. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che l’accordo sulla pena, proprio del concordato in appello, implica la rinuncia a tutti gli altri motivi, che non possono quindi essere riesaminati in sede di legittimità.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando l’Accordo sulla Pena Rende Inammissibile il Ricorso

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale di grande rilevanza che consente alle parti di accordarsi sull’accoglimento di alcuni motivi di appello, rinunciando agli altri, al fine di ottenere una rideterminazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i limiti all’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di tale accordo, sottolineando l’effetto preclusivo della rinuncia ai motivi non concordati.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato da parte del Tribunale di Roma per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti. L’imputato proponeva appello e, in quella sede, raggiungeva un accordo con la Procura Generale. In particolare, rinunciando a tutti gli altri motivi, avanzava una richiesta di concordato sulla pena, che veniva accolta dalla Corte d’Appello di Roma. La pena veniva così rideterminata in 1 anno e 8 mesi di reclusione e 3.000,00 euro di multa.

Tuttavia, nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione avverso tale sentenza, sollevando due questioni: l’erronea applicazione della legge penale in merito alla sussistenza della recidiva e la mancanza di motivazione sulla mancata revoca della confisca disposta in primo grado.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato, definito dalla Corte stessa ius receptum, secondo cui la scelta di accedere al concordato in appello preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni che sono state oggetto di rinuncia.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha analizzato separatamente i due motivi di ricorso, giungendo per entrambi alla medesima conclusione di inammissibilità. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito.

Il Primo Motivo: la Rinuncia alla Questione sulla Recidiva

Il ricorrente lamentava l’errata valutazione della recidiva, un’aggravante che incide sulla determinazione della pena. La Cassazione ha chiarito che, aderendo al concordato, l’imputato ha volontariamente limitato l’oggetto del giudizio d’appello alla sola rideterminazione della sanzione. Questo comporta una rinuncia implicita ed esplicita a tutti gli altri motivi, inclusi quelli relativi alla sussistenza di circostanze aggravanti come la recidiva, o persino alla presenza di cause di proscioglimento.

Il potere dispositivo riconosciuto alle parti dall’art. 599-bis c.p.p. limita la cognizione del giudice di secondo grado e preclude l’intero svolgimento processuale successivo su quei punti. Di conseguenza, non è consentito ‘ripensarci’ e presentare un ricorso in Cassazione su aspetti a cui si è volontariamente rinunciato per ottenere un beneficio sulla pena.

Il Secondo Motivo: l’Irrevocabilità della Confisca

Analogo ragionamento è stato applicato alla questione della confisca. Il secondo motivo di ricorso, relativo alla sua mancata revoca, è stato giudicato inammissibile perché tutti i motivi di appello diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio erano stati oggetto di rinuncia.

La rinuncia ha reso definitiva (irrevocabile) la statuizione sulla confisca contenuta nella sentenza di primo grado. L’accordo sulla pena non può essere utilizzato come un espediente per riaprire capitoli della decisione ormai chiusi per effetto della stessa volontà dell’appellante.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale del concordato in appello: la scelta di questo rito premiale è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato che accetta di concordare la pena deve essere consapevole che sta abdicando alla possibilità di contestare qualsiasi altro aspetto della sentenza di primo grado. La rinuncia non è un atto formale, ma un elemento sostanziale che definisce i limiti invalicabili del giudizio. Questa pronuncia serve da monito: il concordato è un patto processuale che, una volta siglato, non ammette ripensamenti, consolidando la decisione su tutti i punti non inclusi nell’accordo.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di “concordato in appello” per motivi diversi dalla pena concordata?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’accordo sulla pena implica la rinuncia a tutti gli altri motivi di appello. Di conseguenza, il ricorso è ammissibile solo per vizi relativi alla formazione della volontà delle parti o a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, ma non per motivi oggetto di rinuncia.

Se si accetta un concordato in appello, si può ancora contestare la recidiva o chiedere la revoca della confisca?
No, secondo l’ordinanza, tali questioni sono considerate rinunciate nel momento in cui si accede al concordato. La cognizione del giudice viene limitata ai soli punti oggetto dell’accordo e le statuizioni non impugnate, come la confisca, diventano definitive.

Cosa succede se si propone un ricorso inammissibile contro una sentenza di concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma, fissata equitativamente, in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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