Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31839 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME
Penale Ord. Sez. 2 Num. 31839 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 09/09/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Ord. n. sez. 1461/2025
CC – 09/09/2025
R.G.N. 24246/2025
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 23/01/1957 a ROSARNO avverso la sentenza in data 11/02/2025 della CORTE DI APPELLO DI LECCE SEZ. DISTACCATA DI TARANTO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; a seguito di procedura de plano.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.NOME COGNOME per il tramite del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza del 11/02/2025 della Corte di appello di Lecce, Sez. Distaccata di Taranto che ha applicato la pena indicata dalle parti, così come da loro determinata con l’accordo raggiunto ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen..
1.1. Con un unico motivo di ricorso si duole dell’omessa motivazione sul mancato accoglimento dei motivi di appello con cui si prospettava un trattamento sanzionatorio piø favorevole all’imputato, con particolare riferimento agli aumenti di pena per la continuazione.
Il ricorso Ł inammissibile.
2.1. Va premesso che, all’indomani della sentenza delle Sezioni Unite n. 19415 del 27/10/2022 (dep. 2023, COGNOME), deve ritenersi oramai superato l’orientamento di questa Corte, che limitava l’impugnabilità della sentenza pronunciata in esito a un concordato in appello, ai sensi dell’art. 599-bis, cod. proc. pen., richiamando i limiti stabiliti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. in relazione all’impugnazione della sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen..
Con la sentenza COGNOME Ł stato chiarito, infatti, che va esclusa l’applicabilità dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. al concordato in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen..
Tanto Ł stato affermato osservando che la norma citata Ł stata introdotta quale disposizione speciale, limitata al rito del patteggiamento, e non può essere estesa analogicamente ad altri istituti processuali, in virtø del principio di tassatività che governa i mezzi e i motivi di impugnazione. A tale riguardo, Ł stato evidenziato che, diversamente dal patteggiamento, il concordato in appello non costituisce rito speciale, ma si innesta nel giudizio ordinario di secondo grado, senza introdurre preclusioni ulteriori rispetto a quelle derivanti dalla rinuncia ai motivi, con la conseguenza che la disciplina restrittiva prevista dall’art. 448, comma 2-bis, non può trovare applicazione al di fuori dell’ambito per il quale Ł stata espressamente dettata.
2.2. Le Sezioni Unite hanno evidenziato che, sotto il profilo della loro impugnabilità, non vi sono differenze tra la sentenza ordinaria di appello e quella resa ai sensi dell’art. 599bis cod. proc. pen., non esistendo alcuna disposizione che limiti l’esperibilità dei motivi di ricorso avverso la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., così da diversificare il suo regime di impugnazione rispetto a quello previsto in via generale per la sentenza ordinaria di appello.
In tal senso Ł stato osservato che l’unico riferimento normativo in materia di impugnazione, specificamente rivolto alla sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., Ł l’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., che tuttavia non incide sui presupposti di ammissibilità del ricorso, ma si limita a prevedere che l’inammissibilità possa essere dichiarata con procedimento de plano, per ragioni di economia processuale.
In forza di quanto chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza COGNOME fin qui brevemente compendiata, emerge che i limiti alla impugnabilità con ricorso per cassazione della sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. non discendono da una disciplina speciale, inesistente per tale istituto, bensì dall’ordinario effetto preclusivo che consegue alla rinuncia ai motivi di appello.
Invero, una volta che la parte abbia rinunciato a uno o a piø motivi, sul punto oggetto di rinuncia si forma il giudicato sostanziale, che impedisce la riproposizione della censura nel successivo grado di giudizio.
I confini dell’impugnazione con ricorso per cassazione della sentenza resa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. vengono, dunque, delimitati dalla formazione del giudicato sui capi o sui punti oggetto dei motivi rinunciati, restando altrimenti proponibile l’impugnazione nei limiti generali previsti dall’art. 606 cod. proc. pen..
3.1. In tale direzione, peraltro, si era già espressa questa Corte, affermando un principio di diritto -richiamato e ribadito dalla sentenza COGNOME nel corpo della motivazione- a mente del quale «il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen. nØ sull’insussistenza di ipotesi di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove perchØ si deve rapportare l’obbligo della motivazione all’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione in quanto, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice Ł limitata ai motivi non oggetto di rinuncia» (Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, Bouachra, Rv. 274522; Sez. 5, Sentenza n. 15505 del 19/03/2018, COGNOME, Rv. 272853 – 01).
Piø di recente, in linea con l’insegnamento delle Sezioni Unite, Ł stato affermato che «nel caso in cui il giudice di appello abbia raccolto le richieste concordemente formulate dalle parti, queste ultime non possono dedurre in sede di legittimità difetto di motivazione o altra questione relativa ai motivi rinunciati. (Vedi: n. 103837 del 1992, Rv. 192113-01) » (Sez. 3, n. 51557 del 14/11/2023, Spina, Rv. 285628 – 02).
Da ciò discende l’inammissibilità del ricorso in esame, atteso che la misura della pena irrogata al ricorrente Ł quella determinata dalle stesse parti, anche con riferimento agli aumenti per la continuazione, e che l’accordo raggiunto in ordine ai punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, per come già chiarito.
Segue la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
5. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 09/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME