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Concordato in appello: limiti all’impugnazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. L’accordo sulla pena implica la rinuncia a impugnare i punti concordati, come il calcolo della sanzione, formando un giudicato sostanziale che preclude ulteriori censure.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: i confini del ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Ma quali sono le conseguenze di tale accordo sulla possibilità di impugnare la sentenza in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte fa chiarezza, delineando i confini tra i motivi rinunciati e quelli ancora proponibili, alla luce di un importante intervento delle Sezioni Unite.

I fatti del caso: il ricorso dopo l’accordo sulla pena

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione riguarda un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo con la Procura Generale sulla pena da applicare in secondo grado, aveva comunque deciso di presentare ricorso. L’imputato lamentava un’errata determinazione della sanzione, in particolare riguardo agli aumenti di pena applicati per la continuazione tra i reati. In sostanza, pur avendo concordato la pena finale, contestava le modalità con cui essa era stata calcolata dalla Corte di Appello.

Il concordato in appello e l’intervento delle Sezioni Unite

Per comprendere la decisione, è fondamentale richiamare la sentenza “Fazio” delle Sezioni Unite (n. 19415/2022). In passato, si tendeva a limitare l’impugnabilità della sentenza da concordato in appello applicando, in via analogica, le stesse rigide restrizioni previste per il patteggiamento (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.).

Le Sezioni Unite hanno però ribaltato questo orientamento, stabilendo che il concordato in appello non è un rito speciale come il patteggiamento, ma si inserisce nel giudizio ordinario di secondo grado. Di conseguenza, le limitazioni specifiche previste per il patteggiamento non possono essere estese a questo istituto. La sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è, in linea di principio, impugnabile secondo le regole generali previste dall’art. 606 c.p.p.

La decisione della Cassazione: l’effetto preclusivo della rinuncia

Nonostante l’apertura delle Sezioni Unite, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato. Il motivo non risiede in una norma speciale, ma in un principio generale del diritto processuale: l’effetto preclusivo derivante dalla rinuncia ai motivi di appello.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che, nel momento in cui le parti raggiungono un accordo sulla pena, si verifica una rinuncia implicita a contestare tutti i punti che formano oggetto di tale accordo. Nel caso specifico, l’imputato aveva concordato la pena finale, accettando quindi anche il calcolo degli aumenti per la continuazione. Su questi punti si forma un “giudicato sostanziale” che impedisce di riproporre le stesse censure in un successivo grado di giudizio. In altre parole, non si può accettare un accordo sulla pena e poi, in un secondo momento, contestarne il calcolo. L’accordo cristallizza la situazione su quei specifici punti, rendendo inammissibile qualsiasi successiva doglianza al riguardo.
L’impugnazione sarebbe rimasta possibile solo per questioni non coperte dall’accordo (ad esempio, nullità assolute o cause di non punibilità evidenti non valutate dal giudice), ma non per la misura della pena che era stata, appunto, “concordata”.

Le conclusioni

La decisione chiarisce un aspetto strategico fondamentale per la difesa. La scelta di accedere al concordato in appello è una decisione che implica una ponderazione attenta, poiché comporta una rinuncia definitiva ai motivi di appello che ne sono oggetto. Se si accetta di concordare la pena, si perde il diritto di contestarne la congruità o il metodo di calcolo davanti alla Corte di Cassazione. Questa pronuncia ribadisce che l’efficienza processuale garantita dagli istituti deflattivi si basa sulla stabilità degli accordi raggiunti tra le parti, che non possono essere rimessi in discussione pretestuosamente.

È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa con concordato in appello?
No. L’impugnazione è inammissibile per i punti che sono stati oggetto dell’accordo tra le parti, come la misura della pena. L’accordo, infatti, implica una rinuncia a contestare tali punti, su cui si forma un giudicato sostanziale. L’impugnazione resta possibile solo per motivi che non sono stati oggetto di rinuncia.

Le rigide limitazioni all’impugnazione previste per il “patteggiamento” si applicano anche al concordato in appello?
No. La Corte di Cassazione, richiamando una sentenza delle Sezioni Unite, ha chiarito che le restrizioni specifiche dell’art. 448, comma 2-bis c.p.p., non si applicano al concordato in appello, il quale non è un rito speciale ma si inserisce nel giudizio ordinario di secondo grado.

Cosa succede se si fa ricorso in Cassazione per un motivo che era stato oggetto di rinuncia nel concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, a causa della colpa nella proposizione di un ricorso infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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