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Concordato in appello: limiti all’impugnazione

Un imputato, dopo aver beneficiato di una rideterminazione della pena tramite concordato in appello, ha tentato di impugnare la sentenza in Cassazione su questioni a cui aveva rinunciato. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’accordo implica un’accettazione definitiva dei punti non contestati, precludendo un successivo riesame, salvo il caso di pena illegale.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: i limiti del ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta un importante strumento deflattivo del contenzioso. Permette all’imputato e alla Procura di accordarsi sulla pena, rinunciando ad alcuni motivi di impugnazione. Ma cosa succede dopo? Quali sono i limiti per un eventuale ricorso in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce la natura vincolante di tale accordo e le sue conseguenze sulla successiva impugnazione.

I Fatti del Caso

Nel caso in esame, la Corte d’Appello di Napoli aveva rideterminato la pena per un imputato a 7 anni, 8 mesi e 13 giorni di reclusione, oltre a una multa di 35.555,00 euro, per reati legati agli stupefacenti. Questa decisione era il risultato di un concordato in appello ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., con il quale l’imputato aveva rinunciato agli altri motivi di gravame per ottenere una pena più mite.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione di legge in relazione a due punti specifici: la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. (cause di non punibilità da dichiarare immediatamente) e l’errata qualificazione giuridica del reato, che a suo dire rientrava nell’ipotesi più lieve prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. Tali punti, tuttavia, erano proprio tra quelli oggetto di rinuncia in appello.

La Decisione della Corte e il concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accordo raggiunto tra le parti nel concordato in appello ha un effetto preclusivo sulla possibilità di riproporre in Cassazione le questioni oggetto di rinuncia.

La Regola Generale: Quando il Ricorso è Ammissibile

La Corte ha ribadito che il ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di concordato è consentito solo per motivi molto specifici, che attengono alla regolarità stessa dell’accordo. Essi includono:
* Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
* Mancanza del consenso del Procuratore Generale sulla richiesta.
* Una pronuncia del giudice difforme rispetto ai termini dell’accordo raggiunto.

Al di fuori di queste ipotesi, le doglianze relative ai motivi rinunciati sono inammissibili.

L’Eccezione: la Pena Illegale

L’unica, vera eccezione a questa regola riguarda l’irrogazione di una pena illegale. Se la pena concordata e applicata dal giudice fosse contraria alla legge (ad esempio, superiore al massimo edittale o di specie diversa da quella prevista), l’imputato conserverebbe il diritto di impugnarla in Cassazione, trattandosi di una questione rilevabile anche d’ufficio.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte è chiara: l’accordo previsto dall’art. 599-bis c.p.p. non è una semplice transazione sulla pena, ma un atto processuale che implica una rinuncia consapevole a determinate censure. Questa rinuncia determina il formarsi di un giudicato parziale sui punti non più in discussione. Pertanto, consentire all’imputato di rimettere in gioco tali questioni in sede di legittimità svuoterebbe di significato l’istituto del concordato, tradendone la finalità deflattiva.

La Corte ha precisato che questo principio si applica anche a questioni, come la qualificazione giuridica del fatto o la presenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., che in un processo ordinario potrebbero essere rilevate d’ufficio. L’accordo tra le parti cristallizza la situazione processuale e preclude ogni successiva doglianza, salvo, come detto, il caso di illegalità della sanzione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma l’importanza di una valutazione attenta e strategica prima di accedere al concordato in appello. La scelta di rinunciare a determinati motivi per ottenere una pena più favorevole è una decisione che ha conseguenze definitive sul piano processuale. Una volta raggiunto l’accordo, non è più possibile “tornare indietro” e contestare i punti oggetto di rinuncia. La difesa deve quindi ponderare con cura i potenziali benefici di una pena concordata rispetto alla possibilità di far valere con successo tutti i motivi di appello in un giudizio ordinario.

Dopo aver concluso un ‘concordato in appello’, è possibile impugnare la sentenza in Cassazione per motivi a cui si era rinunciato?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la rinuncia ai motivi di appello per accedere al concordato comporta il formarsi di un giudicato parziale su tali questioni, impedendone la riproposizione in sede di legittimità.

Quali sono gli unici motivi per cui è ammesso un ricorso in Cassazione dopo un concordato ex art. 599-bis c.p.p.?
Il ricorso è ammissibile solo per vizi relativi alla formazione della volontà di accedere al concordato, al consenso del Procuratore Generale, a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, oppure nel caso in cui la pena inflitta sia illegale.

È possibile contestare la qualificazione giuridica del reato in Cassazione dopo averla accettata nel concordato in appello?
No, è inammissibile un ricorso che censura la qualificazione giuridica del fatto. L’accordo tra le parti implica la rinuncia a dedurre ogni diversa doglianza, anche se relativa a questioni rilevabili d’ufficio, con la sola eccezione di una pena illegale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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