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Concordato in appello: limiti al ricorso per Cassazione

Un imputato ha presentato ricorso in Cassazione dopo aver definito la pena in secondo grado tramite un “concordato in appello”. Lamentava il fatto che il giudice non avesse valutato la possibilità di un proscioglimento. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’adesione al concordato in appello comporta la rinuncia agli altri motivi di impugnazione, inclusa la doglianza sulla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile?

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento per definire il processo in secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Tuttavia, quali sono le conseguenze di questa scelta sulle successive possibilità di impugnazione? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito i limiti del ricorso contro una sentenza che ratifica tale accordo, specificando quali doglianze non possono più essere sollevate.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, un imputato, dopo la condanna in primo grado, aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale per la rideterminazione della pena in appello. La Corte d’Appello aveva accolto la proposta congiunta, emettendo una sentenza conforme.

Nonostante l’accordo, la difesa dell’imputato presentava ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e l’erronea applicazione della legge penale. In particolare, si sosteneva che il giudice d’appello avrebbe dovuto, prima di ratificare l’accordo, verificare la possibile sussistenza di cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

L’impatto del concordato in appello sull’impugnazione

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno spiegato che l’adesione al concordato in appello produce un effetto ben preciso: la rinuncia a tutti gli altri motivi di impugnazione. L’effetto devolutivo dell’appello, ovvero l’ambito di cognizione del giudice, viene così a essere circoscritto esclusivamente alla valutazione della congruità dell’accordo proposto dalle parti.

Una volta che l’imputato sceglie di concordare la pena, la sua volontà processuale si focalizza unicamente su quel punto. Di conseguenza, non può più dolersi del fatto che il giudice non abbia esplorato d’ufficio altre possibili soluzioni, come il proscioglimento.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su un principio consolidato, già elaborato in vigenza di un istituto simile e oggi riaffermato per l’art. 599-bis c.p.p. La logica è che, a causa dell’effetto devolutivo, la cognizione del giudice d’appello si limita ai motivi non rinunciati. La richiesta di concordato sulla pena equivale a una rinuncia implicita ai motivi relativi alla colpevolezza e alla sussistenza di cause di non punibilità. Pertanto, un ricorso in Cassazione che deduca la mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. è da considerarsi inammissibile. Il ricorso sarebbe ammissibile solo per vizi che attengono alla formazione della volontà di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero o a un contenuto della sentenza difforme da quanto pattuito.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con implicazioni significative. L’imputato e il suo difensore devono essere consapevoli che, accettando di concordare la pena, si preclude la possibilità di far valere in Cassazione eventuali errori di merito o la mancata applicazione di cause di proscioglimento. La porta del ricorso rimane aperta solo per questioni strettamente procedurali legate alla validità e alla corretta applicazione dell’accordo stesso. La decisione della Corte, pertanto, rafforza la natura dispositiva dell’istituto, valorizzando la volontà delle parti come elemento centrale nella definizione del giudizio d’appello.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver accettato un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici: vizi relativi alla formazione della volontà di aderire all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o qualora la sentenza del giudice sia difforme rispetto a quanto concordato tra le parti.

Se si accetta un concordato in appello, il giudice deve comunque valutare se l’imputato possa essere prosciolto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, aderendo al concordato l’imputato rinuncia implicitamente agli altri motivi di appello, inclusa la possibilità di un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. La valutazione del giudice si concentra solo sulla correttezza e congruità dell’accordo sulla pena.

Cosa comporta la rinuncia ai motivi di impugnazione nel concordato in appello?
Comporta che, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, l’imputato non può più contestare in Cassazione la sua colpevolezza o la mancata applicazione di cause di non punibilità. L’ambito del giudizio viene limitato alla sola ratifica dell’accordo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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