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Concordato in appello: limiti al ricorso per Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva rideterminato la pena a seguito di un concordato in appello. La Suprema Corte ha chiarito che l’accordo sulla pena implica la rinuncia agli altri motivi di gravame, creando una preclusione processuale che impedisce di sollevare in Cassazione questioni, anche rilevabili d’ufficio, a cui si è rinunciato, come il presunto vizio di motivazione sull’assenza di cause di proscioglimento.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione Conferma i Limiti all’Impugnazione

Il concordato in appello, introdotto dalla riforma Orlando (L. 103/2017), rappresenta uno strumento processuale che permette alle parti di accordarsi sulla pena da applicare nel secondo grado di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili di tale istituto, chiarendo che l’accordo preclude la possibilità di sollevare, nel successivo ricorso per cassazione, questioni a cui si è implicitamente o esplicitamente rinunciato. Analizziamo la decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello. Quest’ultima, accogliendo la richiesta delle parti, aveva riformato la condanna di primo grado solamente per quanto riguarda la pena (quoad poenam), in applicazione della procedura del concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.).
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che la Corte d’Appello non avesse adempiuto all’obbligo costituzionale di motivare i provvedimenti, omettendo di verificare l’eventuale sussistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, decidendo con la procedura semplificata de plano, ossia senza udienza. La decisione si fonda su un principio consolidato: il ricorso era stato proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge.

Le Motivazioni: l’effetto preclusivo del concordato in appello

Il cuore della motivazione risiede nell’analisi degli effetti prodotti dal concordato in appello. La Corte spiega che quando le parti si accordano sulla pena, l’imputato rinuncia contestualmente agli altri eventuali motivi di appello. Questa rinuncia non è un atto formale privo di conseguenze; al contrario, essa produce un effetto preclusivo che limita il potere di cognizione del giudice.

Il giudice d’appello, una volta formalizzato l’accordo, può esaminare solo i motivi che non sono stati oggetto di rinuncia. La rinuncia ai motivi e il concordato sulla pena, infatti, impediscono al giudice di prendere in considerazione questioni che non gli sono state devolute, inclusa l’affermazione di responsabilità.

Questo effetto preclusivo, sottolinea la Cassazione, non si esaurisce nel giudizio d’appello, ma si estende all’intero svolgimento processuale, compreso il giudizio di legittimità. Di conseguenza, è inammissibile un ricorso per cassazione che sollevi questioni (anche quelle rilevabili d’ufficio, come le cause di proscioglimento) a cui l’interessato ha rinunciato per ottenere i benefici del concordato. La Corte richiama un orientamento giurisprudenziale ormai granitico, evidenziando come la compatibilità costituzionale di questo rito sia stata più volte confermata.

Nel caso specifico, i motivi di gravame non oggetto di rinuncia riguardavano esclusivamente il trattamento sanzionatorio, che era stato definito proprio tramite l’accordo. La sanzione concordata, inoltre, non presentava alcun profilo di illegalità. Pertanto, l’imputato non poteva più contestare la mancata valutazione di cause di proscioglimento dopo aver accettato l’accordo sulla pena.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale della procedura penale: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato che accede a questo rito ottiene una rideterminazione della pena, ma al contempo si preclude la possibilità di contestare in Cassazione la propria responsabilità o altri aspetti della sentenza di primo grado. La decisione della Cassazione serve come monito: l’accordo processuale limita il diritto di impugnazione in modo irrevocabile, e le questioni oggetto di rinuncia non possono essere riproposte in una fase successiva del giudizio.

È possibile ricorrere in Cassazione per vizi di motivazione dopo un concordato in appello?
No, se il vizio di motivazione riguarda questioni che sono state oggetto di rinuncia a seguito dell’accordo. La Cassazione ha stabilito che la rinuncia ai motivi di appello crea una preclusione che si estende anche al giudizio di legittimità, rendendo inammissibile il ricorso.

Cosa comporta la rinuncia ai motivi di appello nel contesto del concordato sulla pena?
La rinuncia limita la cognizione del giudice d’appello ai soli motivi non rinunciati e a quelli su cui non vi è accordo. Questo impedisce al giudice di esaminare questioni, anche rilevabili d’ufficio come le cause di proscioglimento, che non rientrano più nell’oggetto del giudizio.

Il giudice d’appello, dopo un concordato sulla pena, deve comunque valutare la presenza di cause di proscioglimento?
No. Secondo l’orientamento della Cassazione, la rinuncia ai motivi di appello (esclusi quelli relativi alla pena concordata) preclude al giudice di secondo grado la cognizione di quanto deve ritenersi non essergli più devoluto, compresa la valutazione di eventuali cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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