Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado, rinunciando ai motivi di appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Num. 29994/2024) ha ribadito i confini invalicabili di questo istituto, chiarendo quali motivi di ricorso possano essere presentati successivamente e quali, invece, si intendono definitivamente rinunciati. La decisione fornisce un’importante lezione sulla natura e sulle conseguenze della scelta processuale del patteggiamento in appello.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla sentenza della Corte di appello di Brescia, con la quale veniva applicata a un imputato la pena concordata tra le parti per gravi reati, tra cui cessione di sostanze stupefacenti ed estorsione. Nonostante l’accordo raggiunto in appello, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione. La sua doglianza si basava su un unico punto: la mancata applicazione da parte della Corte territoriale di una delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale, che impongono al giudice l’obbligo di assolvere l’imputato in determinate circostanze (ad esempio, se il fatto non sussiste o non costituisce reato).
La Decisione della Corte sul concordato in appello
La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno affermato, in linea con un orientamento giurisprudenziale consolidato, che la natura stessa del concordato in appello preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni relative alla responsabilità penale. Aderendo all’accordo, l’imputato accetta la pena e, di conseguenza, rinuncia implicitamente a far valere motivi che porterebbero a un’assoluzione nel merito. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende, sanzionando la proposizione di un ricorso per motivi non consentiti.
Le Motivazioni
La Corte Suprema ha chiarito che il ricorso avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo per un novero ristretto di motivi. Questi includono:
1. Vizi nella formazione della volontà: Se l’imputato può dimostrare che il suo consenso all’accordo era viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Vizi nel consenso del Pubblico Ministero: Qualora il consenso del PM non sia stato espresso correttamente.
3. Contenuto difforme della pronuncia: Se la sentenza del giudice si discosta da quanto pattuito tra le parti.
4. Illegalità della pena: Quando la pena applicata è illegale, ad esempio perché non rientra nei limiti edittali previsti dalla legge per quel reato.
Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è inammissibile. In particolare, la richiesta di una valutazione sulle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. è considerata un motivo a cui la parte ha implicitamente rinunciato con la stipula del concordato. La scelta di patteggiare in appello è una strategia difensiva che mira a ottenere una pena certa e più mite, ma il suo prezzo è la rinuncia a contestare l’affermazione di responsabilità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale del diritto processuale penale: il concordato in appello è un patto che chiude la discussione sul merito della colpevolezza. Chi vi aderisce non può, in un secondo momento, tentare di riaprire il dibattito in Cassazione, sperando in un’assoluzione tardiva. La decisione della Suprema Corte serve da monito: la scelta di un rito alternativo come il concordato deve essere ponderata attentamente, poiché preclude l’accesso a successive vie di impugnazione sul merito della vicenda. La giustizia negoziata, sebbene vantaggiosa, comporta rinunce significative che non possono essere ignorate.
È possibile ricorrere in Cassazione dopo un “concordato in appello” per chiedere l’assoluzione?
No, secondo l’ordinanza, l’adesione al concordato in appello implica la rinuncia a far valere le cause di proscioglimento (assoluzione) previste dall’art. 129 del codice di procedura penale, poiché tali motivi si considerano rinunciati con l’accordo stesso.
In quali casi è ammesso il ricorso in Cassazione contro una sentenza di “patteggiamento in appello”?
Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici, come quelli relativi a vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo o all’illegalità della pena applicata.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile in questi casi?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso basato su motivi non consentiti dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29994 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 29994 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/07/2024
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Alcamo il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 20/02/2024 della Corte di appello di Brescia, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Brescia ha applicato al ricorrente la pena concordata tra le parti, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., in ordine al reato di cessione di sostanze stupefacenti, estorsione ed altro.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, dolendosi della mancata applicazione di una RAGIONE_SOCIALE cause di proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivo non consentito.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Collegio, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione RAGIONE_SOCIALE condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non sr siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ov diversa dalla quella prevista dalla legge (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Mariniello, Rv. 276102).
Il ricorrente, nella specie, peraltro in forma del tutto generica, si limita a dole della mancata applicazione di una RAGIONE_SOCIALE cause di proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen., nonostante la presenza di una condanna riportata in primo grado e della rinuncia ai motivi di ricorso inerenti alla affermazione cli responsabilità. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE. Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 18.07.2024.
Il Consigliere estensore