Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37206 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 37206 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/04/2025 della CORTE di APPELLO di CATANIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; rilevato che il presente procedimento è stato trattato con il rito “de plano”;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza resa in data 1 aprile 2025 ex art. 599-bis cod. proc. pen. la Corte d’Appello di Catania rideterminava in anni tre e mesi sei di reclusione ed euro 600,00 di multa la pena inflitta all’imputato COGNOME NOME in relazione ai reati di rapina aggravata e lesioni personali aggravate.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza con il quale deduceva mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla pena inflitta, assumendo che gli elementi caratterizzanti la condotta del ricorrente avrebbero potuto condurre a una pena più lieve e che tale doglianza, dedotta con l’atto di appello, era stata disattesa dalla Corte territoriale.
3. Il ricorso è inammissibile in quanto, non esplicitando le specifiche doglianze dedotte con l’atto di appello che la Corte di merito avrebbe disatteso, risulta del tutto generico, e, inoltre, per quanto appresso argomentato.
Questa Sezione ha avuto modo di esprimere di recente il proprio orientamento, condiviso da questo Collegio, affermando che, in tema di ricorso per cassazione, è preclusa la deduzione di questioni afferenti al trattamento sanzionatorio, nel caso in cui il giudizio di appello, svoltosi a seguito d annullamento con rinvio, sia stato definito con concordato sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 32138 del 10/09/2025, Bruno, Rv. 288577 – 01).
Si è, in particolare, osservato che “L’accordo raggiunto dalle parti proprio in relazione al trattamento sanzionatorio ha comportato il decadimento di tutte le questioni a esso afferenti. A tale ultimo proposito, va evidenziato che, all’indomani della sentenza delle Sezioni Unite n. 19415 del 27/10/2022 (dep. 2023, Fazio, Rv. 284481 – 01), deve ritenersi oramai superato l’orientamento di questa Corte, che limitava l’impugnabilità della sentenza pronunciata in esito a un concordato in appello, ai sensi dell’art. 599-bis , cod. proc. pen., richiamando i limiti stabilità dall’art. 448, comma 2- bis, cod. proc. pen. in relazione all’impugnazione della sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. Con la sentenza COGNOME è stato chiarito, infatti, che va esclusa l’applicabilità dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. al concordato in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen. Tanto è stato affermato osservando che la norma citata è stata introdotta quale disposizione speciale, limitata al rito del patteggiamento, e non può essere estesa analogicamente ad altri istituti processuali, in virtù del principio di tassatività che governa i mezzi ei motivi di impugnazione. A tale riguardo, è stato evidenziato che, diversamente dal patteggíamento, il concordato in appello non costituisce rito speciale, ma si innesta nel giudizio ordinario di secondo grado, senza introdurre preclusioni ulteriori rispetto a quelle derivanti dalla rinuncia ai motivi, con la conseguenza che la disciplina restrittiva prevista dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. non può trovare applicazione al di fuori dell’ambito per il quale è stata espressamente dettata. Le Sezioni Unite hanno evidenziato che, sotto il profilo della loro impugnabilità, non vi sono differenze tra la sentenza ordinaria di appello e quella resa ai sensi dell’art. 599- bis cod. proc. pen., non esistendo alcuna disposizione che limiti l’esperibilità dei motivi di ricorso avverso la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., così da Corte di Cassazione – copia non ufficiale
diversificare il suo regime di impugnazione rispetto a quello previsto in via generale per la sentenza ordinaria di appello. In tal senso è stato osservato che l’unico riferimento normativo in materia di impugnazione, specificamente rivolto alla sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., è l’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., che tuttavia non incide sui presupposti di ammissibilità del ricorso, ma si limita a prevedere che l’inammissibilità possa essere dichiarata con procedimento de plano, per ragioni di economia processuale. In forza di quanto chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza Fazio fin qui brevemente compendiata, emerge che i limiti alla impugnabilità con ricorso per cassazione della sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599- bis cod. proc. pen. non discendono da una disciplina speciale, inesistente per tale istituto, bensì dall’ordinario effetto preclusivo che consegue alla rinuncia ai motivi di appello. Invero, una volta che la parte ha rinunciato a uno o più motivi, sul punto di rinuncia si forma il giudicato sostanziale, che impedisce la riproposizione della censura nel successivo grado di giudizio. I confini dell’impugnazione con ricorso per cassazione della sentenza resa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. vengono, dunque, delimitati dalla formazione del giudicato sui capi o sui punti oggetto dei motivi rinunciati, restando altrimenti proponibile l’impugnazione nei limiti generali previsti dall’art. 606 cod. proc. pen. In tale direzione, peraltro, si era già espressa questa Corte, affermando un principio di diritto – richiamato e ribadito dalla sentenza Fazio nel corpo della motivazione – a mente del quale «il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc, pen né sull’insussistenza di ipotesi di nullità assoluta o di inutilizzabilit delle prove perché si deve rapportare l’obbligo della motivazione all’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione in quanto, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia» (Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274522; Sez.5, Sentenza n.15505 del 19/03/2018, COGNOME. Più di recente, in linea con l’insegnamento delle Sezioni Unite, è stato affermato che «nel caso in cui il giudice di appello ha raccolto le richieste concordemente formulate dalle parti, queste ultime non possono dedurre in sede di legittimità difetto di motivazione o altra questione relativa ai motivi rinunciati. (Vedi: n. 103837 del 1992, Rv. 192113-01)» (Sez. 3, n. 51557 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285628 – 02). Da quanto esposto discende l’inammissibilità dei motivi relativi alla misura del Corte di Cassazione – copia non ufficiale
trattamento sanzionatorio, visto che i ricorrenti hanno rinunciato a tutti i motivi di ricorso, fatta eccezione per quello relativo al trattamento sanzionatorio, da loro stessi concordato. Va evidenziato che la pena irrogata – anche con riferimento alla individuazione del reato su cui calibrare la pena base e gli incremento per la continuazione e per la recidiva- è quella determinata dalle stesse parti e che l’accordo raggiunto in ordine ai punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni doglianza sulle questioni coinvolte nei motivi rinunciati”.
In applicazione dei suddetti principi il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile in quanto solleva questioni sulle quali si è oramai formato il giudicato; il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della ammende. somma di euro tremila in favore della cassa delle
Così deciso il 09/09/2025