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Concordato in appello: limiti al ricorso per cassazione

Un imputato ricorreva in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello emessa a seguito di un ‘concordato in appello’, lamentando l’eccessività della pena. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che, dopo un accordo sulla pena, non è possibile contestare la sua entità, ma solo la sua eventuale illegalità o vizi procedurali legati alla formazione dell’accordo stesso. Il ricorso basato sulla mera discrezionalità della pena è, quindi, precluso.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, è uno strumento processuale che consente di definire il giudizio di secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Ma cosa succede se, dopo aver raggiunto tale accordo, l’imputato decide comunque di ricorrere in Cassazione perché ritiene la pena eccessiva? Un’ordinanza della Suprema Corte chiarisce i limiti invalicabili di questa scelta, ribadendo la natura quasi definitiva dell’accordo raggiunto.

I Fatti del Caso: Dal Tribunale alla Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale. Successivamente, la Corte d’Appello, decidendo in sede di rinvio a seguito di una precedente pronuncia della Cassazione, ha rideterminato la pena inflitta all’imputato ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, ovvero tramite un concordato in appello. In particolare, la pena era stata ricalcolata in continuazione con un’altra pena già inflitta in un precedente procedimento.

Nonostante l’accordo, la difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo: l’errata applicazione dell’art. 81 del codice penale, lamentando un aumento di pena eccessivo per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.).

La Decisione della Cassazione sul Concordato in Appello

La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato riguardante i limiti dell’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di concordato in appello. Il Collegio ha stabilito che il motivo sollevato dalla difesa non rientrava tra quelli consentiti dalla legge in questi specifici casi.

Le Motivazioni Giuridiche

Le motivazioni della Corte sono state nette e precise. I giudici hanno richiamato la giurisprudenza esistente (in particolare, la sentenza n. 944/2020), secondo cui il ricorso in Cassazione contro una sentenza ‘concordata’ è ammissibile solo per motivi specifici e tassativi. Questi includono:

1. Vizi della volontà: se il consenso dell’imputato all’accordo è stato viziato.
2. Difformità della decisione: se il giudice ha emesso una pronuncia non conforme all’accordo raggiunto tra le parti.
3. Illegalità della pena: se la sanzione applicata è illegale, ovvero di un tipo non previsto dalla legge o inflitta al di fuori dei limiti edittali.

La Corte ha sottolineato una distinzione fondamentale: un conto è una pena ‘illegale’, un altro è una pena ritenuta ‘eccessiva’. La contestazione sull’eccessività della pena attiene al merito e alla discrezionalità del giudice, aspetti ai quali l’imputato rinuncia implicitamente nel momento in cui accetta il concordato. L’accordo stesso presuppone una valutazione di convenienza da parte della difesa, che accetta una determinata pena in cambio della rinuncia a contestare altri punti della sentenza.

Nel caso di specie, la difesa non lamentava un’illegalità della sanzione, ma ne contestava unicamente l’entità. Tale doglianza, secondo la Suprema Corte, non rientra in nessuna delle ipotesi che consentono di impugnare una sentenza ex art. 599-bis c.p.p., rendendo il ricorso irrimediabilmente inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cruciale per la pratica forense: la scelta di accedere a un concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze significative. Comporta la rinuncia a far valere gran parte dei motivi di appello e cristallizza la valutazione sull’adeguatezza della pena. Impugnare successivamente la sentenza per motivi legati alla quantificazione della sanzione concordata è una strada non percorribile, a meno che non si configuri una vera e propria illegalità. Per l’imputato, la declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’ lamentando che la pena è troppo alta?
No. L’ordinanza chiarisce che il ricorso è inammissibile se lamenta la mera eccessività della pena. L’accordo implica la rinuncia a contestare questo aspetto discrezionale. Il ricorso è ammesso solo se la pena è ‘illegale’, cioè diversa da quella prevista dalla legge o al di fuori dei limiti edittali.

Quali sono i motivi per cui si può impugnare in Cassazione una sentenza basata su un ‘concordato in appello’?
Secondo la Corte, i motivi ammessi sono limitati a vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo (ad esempio, errore o violenza), a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo raggiunto tra le parti, o all’illegalità della sanzione inflitta.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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