LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concordato in appello: limiti al ricorso per cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso avverso una sentenza di patteggiamento in appello. L’imputato aveva contestato la mancata concessione delle attenuanti generiche, ma la Corte ha ribadito che, dopo un concordato in appello, il ricorso è possibile solo per vizi relativi alla formazione dell’accordo e non per motivi di merito cui si è rinunciato. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che permette alle parti di accordarsi sull’esito del giudizio di secondo grado. Tuttavia, la scelta di accedere a tale istituto comporta precise conseguenze sulla possibilità di un’ulteriore impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i rigidi limiti del ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di un patteggiamento in appello.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Napoli, preso atto della rinuncia ai motivi di impugnazione sulla responsabilità, applicava all’imputato la pena concordata con il pubblico ministero. Nonostante l’accordo, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un’unica violazione di legge: la mancata concessione delle attenuanti generiche, che a suo dire sarebbero state riconoscibili in virtù del buon comportamento processuale tenuto dall’assistito.

I Limiti al Ricorso dopo un Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire un principio consolidato in materia. L’accesso al concordato in appello preclude la possibilità di sollevare in sede di legittimità questioni che sono state oggetto di rinuncia. La logica è chiara: l’accordo sulla pena si fonda proprio sulla rinuncia a determinate doglianze.

I Motivi Ammissibili

Il ricorso in Cassazione avverso una sentenza ex art. 599-bis c.p.p. è consentito solo per un novero ristretto di motivi, che attengono alla validità stessa dell’accordo. Essi includono:

* Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
* Questioni relative al consenso del pubblico ministero.
* Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto a quanto concordato tra le parti.

I Motivi Inammissibili

Sono invece inammissibili tutte le altre doglianze, ed in particolare:

* Quelle relative a motivi esplicitamente o implicitamente rinunciati con l’accordo.
* La mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.
* Vizi nella determinazione della pena che non si traducano in una sanzione illegale (cioè inflitta fuori dai limiti di legge o di specie diversa da quella prevista).

La Decisione della Corte sul Concordato in Appello

Applicando questi principi, la Suprema Corte ha stabilito che la questione sollevata dal ricorrente, ovvero la mancata concessione delle attenuanti generiche, rientra a pieno titolo tra i motivi di merito a cui si è rinunciato con la stipula del concordato in appello. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché basato su motivi non consentiti dalla legge.

Le Motivazioni

La Corte ha rafforzato la propria decisione richiamando un suo precedente (Sez. 1, n. 944 del 2019), secondo cui l’ambito del sindacato di legittimità sulla sentenza che ratifica un accordo in appello è circoscritto alla verifica della corretta formazione del patto stesso. Le censure relative alla quantificazione della pena, come quella sulle attenuanti generiche, sono parte del merito della causa, e la rinuncia ai motivi di appello copre anche tali aspetti. L’imputato, accettando il concordato, ha implicitamente accettato la valutazione complessiva sulla pena, comprese le circostanze attenuanti. Proporre un ricorso su questo punto equivale a rimettere in discussione un elemento su cui si è già formato un accordo processuale vincolante.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma la natura strategica e definitiva del concordato in appello. Le parti che scelgono questa via devono essere consapevoli che stanno chiudendo la porta a quasi ogni possibilità di ulteriore impugnazione. La sentenza che ne deriva è ‘blindata’ rispetto a censure di merito, e può essere attaccata solo per vizi genetici dell’accordo. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende funge da monito contro la presentazione di ricorsi meramente dilatori o fondati su motivi che la legge non ammette.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi specifici. L’impugnazione è ammissibile solo se riguarda vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato, il consenso del pubblico ministero, o un contenuto della sentenza difforme da quello pattuito.

La mancata concessione delle attenuanti generiche è un motivo valido per ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello?
No. Secondo la decisione, questo tipo di motivo è relativo al merito della determinazione della pena ed è considerato implicitamente rinunciato con l’accordo. Pertanto, un ricorso basato su tale doglianza è inammissibile.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questo contesto?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in euro tremila.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati