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Concordato in appello: limiti al ricorso per Cassazione

Un imputato, condannato per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio, dopo aver definito la pena tramite un concordato in appello, ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo l’assoluzione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che l’accordo sulla pena preclude la possibilità di sollevare questioni relative alla colpevolezza, che si considerano rinunciate. L’impugnazione è consentita solo per vizi relativi alla formazione dell’accordo o all’illegalità della pena.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, introdotto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla rideterminazione della pena, rinunciando ad alcuni motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti invalicabili del successivo ricorso per Cassazione, chiarendo quali doglianze non possono più essere sollevate dopo aver raggiunto tale accordo. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) ai fini di spaccio, previsto dall’art. 73 del D.P.R. 309/1990. In secondo grado, la difesa dell’imputato e la Procura Generale avevano raggiunto un accordo sulla pena, che la Corte d’Appello aveva recepito, confermando la responsabilità penale. Nonostante l’accordo, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., che impone l’immediato proscioglimento in caso di evidente innocenza.

I Limiti al Ricorso dopo il Concordato in Appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato in giurisprudenza. La scelta di accedere al concordato in appello comporta una rinuncia implicita a far valere determinate questioni. In particolare, l’imputato non può più sollevare doglianze relative alla sua colpevolezza o alla valutazione delle prove, né può lamentare la mancata applicazione delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. Questo perché tali questioni attengono al merito della vicenda processuale, un ambito che viene ‘congelato’ dall’accordo tra le parti sulla pena.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Cassazione ha chiarito che il ricorso avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p. è consentito solo per un novero ristretto di motivi. Le uniche doglianze ammissibili sono quelle che riguardano:

1. Vizi nella formazione della volontà: problemi legati al consenso prestato dall’imputato o dal Procuratore Generale all’accordo.
2. Contenuto difforme: quando la pronuncia del giudice si discosta da quanto pattuito nell’accordo.
3. Determinazione della pena: vizi che attengono alla legalità della sanzione inflitta e che non si sono tradotti in una mera illegalità della pena (ad esempio, una pena superiore al massimo edittale).

Poiché il motivo del ricorso in esame (la mancata assoluzione ex art. 129 c.p.p.) non rientrava in nessuna di queste categorie, ma atteneva a una valutazione di merito implicitamente rinunciata con l’accordo, la Corte lo ha ritenuto inammissibile.

Conclusioni

La decisione in commento rafforza la natura dispositiva e negoziale del concordato in appello. Le parti, accettando di concordare la pena, compiono una scelta strategica che garantisce una maggiore certezza sull’esito sanzionatorio, ma che preclude la possibilità di rimettere in discussione il giudizio di colpevolezza davanti alla Corte di Cassazione. Il ricorso al giudice di legittimità rimane possibile, ma solo per verificare la correttezza del procedimento con cui si è formato l’accordo e la legalità della pena applicata, non per riaprire il merito del processo.

Dopo aver concluso un ‘concordato in appello’, posso ancora ricorrere in Cassazione per chiedere l’assoluzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, aderire a un concordato in appello implica la rinuncia a sollevare motivi di ricorso relativi alla colpevolezza, inclusa la richiesta di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., poiché tali questioni si considerano rinunciate con l’accordo stesso.

Quali sono gli unici motivi validi per impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello?
È possibile ricorrere solo per motivi relativi alla formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, al consenso del Procuratore Generale, a un contenuto della sentenza difforme da quanto pattuito, o a vizi che riguardano la legalità della pena inflitta.

Perché il ricorso basato sulla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la valutazione delle condizioni per il proscioglimento immediato (art. 129 c.p.p.) è una questione di merito. Accettando il concordato sulla pena, l’imputato rinuncia a contestare tali aspetti, focalizzando l’accordo unicamente sulla quantificazione della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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