Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione Diventa Inammissibile
Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, consentendo alle parti di accordarsi sulla pena in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 11260/2024) ribadisce le importanti conseguenze procedurali di tale scelta, in particolare riguardo all’impossibilità di presentare un successivo ricorso per Cassazione sui motivi a cui si è rinunciato.
I Fatti del Caso
Due imputati, dopo una condanna in primo grado, presentavano appello. In sede di giudizio di secondo grado, le difese avanzavano una richiesta di concordato in appello, accordandosi con la Procura Generale per una rideterminazione della pena. Tale accordo, per sua natura, implicava la rinuncia a tutti gli altri motivi di gravame. La Corte d’Appello di Napoli accoglieva la richiesta, riducendo la pena come concordato.
Nonostante l’accordo raggiunto e la rinuncia ai motivi, i due imputati proponevano comunque ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione in relazione alla presunta mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. (obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità).
La Decisione della Cassazione e l’Effetto Preclusivo del Concordato in Appello
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili senza neppure entrare nel merito della questione sollevata. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accordo sulla pena in appello ha un effetto preclusivo che si estende all’intero procedimento, compreso il giudizio di legittimità.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha spiegato che la scelta di accedere al concordato in appello è un’espressione del potere dispositivo riconosciuto alla parte. Questo potere non si limita a influenzare la cognizione del giudice d’appello (che si restringe alla valutazione dell’accordo), ma produce effetti definitivi sull’intero percorso processuale.
Secondo gli Ermellini, la rinuncia ai motivi d’appello, che è un presupposto essenziale del concordato, è del tutto analoga a una rinuncia formale all’impugnazione. Di conseguenza, presentare un ricorso per Cassazione su questioni che erano oggetto di tale rinuncia costituisce un’azione processualmente inammissibile. L’accordo, una volta raggiunto e ratificato dal giudice, cristallizza la situazione giuridica e preclude ogni ulteriore contestazione sui punti rinunciati.
La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali conformi, sottolineando come l’inammissibilità in questi casi debba essere dichiarata senza formalità di rito, con una trattazione non partecipata, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame conferma la natura vincolante e definitiva del concordato in appello. Gli imputati e i loro difensori devono essere pienamente consapevoli che l’adesione a tale istituto comporta una rinuncia tombale alla possibilità di contestare in Cassazione i profili oggetto dell’accordo o i motivi di appello abbandonati. La scelta strategica di concordare la pena in secondo grado per ottenere un beneficio immediato preclude la via per un successivo controllo di legittimità.
Di conseguenza, la decisione di ricorrere a questo strumento deve essere attentamente ponderata, valutando il beneficio della riduzione di pena contro la perdita della facoltà di far valere eventuali vizi della sentenza di primo grado davanti alla Suprema Corte. La pronuncia, inoltre, condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende, a sottolineare le conseguenze negative di un ricorso presentato in violazione di chiari principi procedurali.
È possibile presentare ricorso per Cassazione dopo aver raggiunto un concordato in appello?
No, il ricorso per Cassazione è inammissibile se riguarda questioni a cui l’interessato ha rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello. L’accordo ha un effetto preclusivo sull’intero svolgimento processuale.
Perché la rinuncia ai motivi di appello nel concordato impedisce il ricorso in Cassazione?
Perché il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599-bis c.p.p. non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma produce effetti preclusivi analoghi a una formale rinuncia all’impugnazione, che si estendono anche al successivo giudizio di legittimità.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile in questo scenario?
La parte che presenta un ricorso dichiarato inammissibile viene condannata, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata determinata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11260 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11260 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MADDALONI il DATA_NASCITA NOME COGNOME nato a MADDALONI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avo alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
o
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi presentati dai difensori di COGNOME NOME e NOME COGNOME contro la sentenza n.9334/2023 con cui la Corte di appello di Napoli, accogliendo la richiesta di concordato sulla pena ex art. 599 bis cod. proc. pen., con rinuncia agli altri motivi di appello, ha confermato la condanna inflitta ai ricorrenti con la conseguente riduzione della pena nella misura concordata dalle parti, sono inammissibili.
Nel dedurre, peraltro in termini del tutto generici, vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. il ricorso per cassazione concernente questioni a cui l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello, è inammissibile perché il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599-bis cod. proc. pen. non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Rv. 2731940; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Rv. 272014; Sez. 6, n. 8912 del 20/02/2018, Rv. 272389). L’inammissibilità del ricorso va dichiarata senza formalità di rito e con trattazione camerale non partecipata, con ordinanza ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Rv. 272014; Sez. 6, n. 8912 del 20/02/2018, Rv. 272389).
Dalla inammissibilità dei ricorsi deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende
Così deciso il 16 febbraio 2024
Il Co igliere estensore
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