Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8205 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 8205  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/01/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
 Con sentenza del 31 gennaio 2022 la Corte di Appello di Roma, pronunciandosi ai sensi dell’art. 599-bis cod, proc. pen. ed in parziale riforma della sentenza del 26 maggio 2022 del Tribunale di Roma resa in esito a giudizio abbreviato, ha rideterminato in anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 3.400,00 di multa la pena inflitta a COGNOME NOME COGNOME per i reati, uniti dal vincolo della continuazione, di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
È stato proposto ricorso per cassazione, in forza del quale il ricorrente ha lamentato violazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorso (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.) è inammissibile perché proposto avverso sentenza di concordato in appello per motivi non consentiti.
A seguito delle modifiche apportate al codice di rito dalla legge. n. 103 del 2017, entrata in vigore il 03/08/2017, è stato introdotto l’art. 599-bis, comma 1, secondo cui la Corte di appello provvede in camera di consiglio anche quando le parti, nelle forme previste dall’articolo 589, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi.
Se i motivi dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l’imputatp e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo.
Quanto ai vizi deducibili è stato affermato in tema di concordato in appello (Sezione 7, Ord. n. 16788 del 6/04/2022), è ammissibile il rico-so in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (Sez. 2, ord. n. 30990 del 1° giugno 2018, Gueli, Rv. 272969).
E in altra condivisibile pronuncia si è ribadito che è inammissibile il ricorso per cessazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dal nuovo art. 599-bis c.p.p., introdotto dalla I. 23 giugno 2017, n. 103, non solo limita la cognizione del
giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (così :Sez. 5, ord. n. 29243 del 4 giugno 2018, Casero, Rv. 273194, che, in applicazione del principio, in un caso analogo a quello che ci occupa, ha ritenuto inammissibile il ricorso relativo alla valutazione sulla sussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p.).
Costituisce, pertanto, ius receptum che, a seguito della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello ad opera dell’art. 1, comma 56, della I. n. 103 del 2017, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta formulata a norma del nuovo art. 599-bis c.p.p., non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p., né sull’insussistenza di circostanze aggravanti in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (così Sez. 3, n. 30190 dell’8 marzo 2018, COGNOME e altro, Rv. 273755, che, in applicazione del principio, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza ex art. 599-bis c.p.p., con cui l’imputato deduceva la mancanza di motivazione sulle condizioni di cui all’art. 129 c.p.p. e sulla circostanza aggravante di cui all’art. 80 del n. 309 del 1990).
Nel caso di specie, il ricorso si limita a lamentare vizio di motivazione in relazione al dato ponderale della sostanza stupefacente, profilo di censura assolutamente precluso in caso di concordato in appello.
Tanto  COGNOME richiamato, COGNOME emerge COGNOME dunque COGNOME evidente  COGNOME l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dal ricorrente, il quale – in sede di appello – ha rinunciato ai motivi di gravame, provvedendo poi a concordare il trattamento sanzionatorio proprio ai sensi dell’art. 599-bis cit., con rinuncia, quindi, alla doglianza proposta in questa sede e neppure formulata in sede di gravame ove la sentenza impugnata da atto dell’avvenuta censura del solo trattamento sanzionatorio.
Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Cole costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente