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Concordato in appello: limiti al ricorso per cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena tramite il concordato in appello, aveva impugnato la sentenza per motivi legati alla sua responsabilità. La Corte ha stabilito che l’adesione al concordato in appello implica la rinuncia ai motivi relativi alla colpevolezza, precludendo un successivo ricorso su tali punti.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: Quando la Rinuncia ai Motivi Blocca il Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado, rinunciando agli altri motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un importante chiarimento sui limiti del successivo ricorso avverso la sentenza che ratifica tale accordo, tracciando una netta distinzione tra le diverse tipologie di doglianze.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, un imputato, condannato in primo grado, aveva presentato appello. In sede di giudizio di secondo grado, la difesa e il Pubblico Ministero avevano raggiunto un accordo sulla pena, rideterminata dalla Corte di appello in cinque anni di reclusione. Con l’adesione al concordato in appello, l’imputato aveva rinunciato a tutti gli altri motivi di gravame.

Tuttavia, successivamente, lo stesso imputato proponeva ricorso per cassazione avverso tale sentenza, lamentando la mancata declaratoria di una causa di non punibilità ai sensi dell’art. 129 c.p.p., specificamente sostenendo di non aver commesso il fatto. La difesa chiedeva quindi alla Suprema Corte di annullare la sentenza per un vizio che atteneva al merito della responsabilità penale.

I limiti del concordato in appello e il ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, operando una distinzione fondamentale rispetto a precedenti orientamenti giurisprudenziali. I giudici hanno richiamato la celebre sentenza delle Sezioni Unite (n. 19415/2023, Fazio), la quale aveva stabilito che è ammissibile il ricorso per cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello se si deduce l’omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata prima della pronuncia d’appello.

La ragione di tale apertura risiede nel fatto che la rinuncia ai motivi di appello non può valere come rinuncia espressa alla prescrizione, la quale opera di diritto e deve essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Le motivazioni della decisione

Nel caso in esame, però, la situazione è stata ritenuta radicalmente diversa. La doglianza dell’imputato non riguardava la prescrizione, bensì la sua responsabilità penale, cioè un motivo di merito che era stato oggetto dei motivi di appello ai quali egli aveva esplicitamente rinunciato per accedere al concordato in appello. La Corte ha affermato che la rinuncia ai motivi di appello, funzionale all’accordo sulla pena, comporta una preclusione a sollevare nuovamente tali questioni in sede di legittimità. In altre parole, accettando il patto sulla pena, l’imputato ha implicitamente accettato l’affermazione di colpevolezza, limitando la discussione al solo trattamento sanzionatorio. La censura relativa alla mancata assoluzione per non aver commesso il fatto, quindi, è stata considerata inammissibile perché coperta dalla rinuncia effettuata in appello.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce la natura negoziale e definitiva del concordato in appello. Se da un lato questo istituto offre un beneficio certo in termini di riduzione della pena, dall’altro cristallizza l’accertamento della responsabilità. Gli imputati e i loro difensori devono quindi valutare con estrema attenzione le conseguenze della rinuncia ai motivi di appello, poiché tale scelta preclude, salvo casi eccezionali come la prescrizione, la possibilità di rimettere in discussione la colpevolezza davanti alla Corte di Cassazione. La decisione rafforza l’efficacia dello strumento, garantendo che l’accordo raggiunto tra le parti non possa essere strategicamente aggirato in un momento successivo.

È possibile presentare ricorso per cassazione dopo aver concluso un “concordato in appello”?
Sì, ma solo per motivi specifici. È ammissibile, ad esempio, per vizi relativi alla formazione della volontà di accedere all’accordo, per un contenuto della sentenza difforme da quanto pattuito o, come stabilito dalle Sezioni Unite, per l’omessa dichiarazione di prescrizione del reato maturata prima della sentenza d’appello.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile in questo caso specifico?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su un motivo relativo alla responsabilità penale dell’imputato (sosteneva di non aver commesso il fatto), ovvero un punto che era stato oggetto dei motivi di appello a cui egli aveva esplicitamente rinunciato per poter beneficiare del concordato sulla pena. Tale rinuncia ha precluso la possibilità di sollevare nuovamente la questione.

Qual è la differenza tra un ricorso basato sulla responsabilità e uno basato sulla prescrizione dopo un concordato in appello?
La differenza è sostanziale. La rinuncia ai motivi di appello per ottenere il concordato copre le questioni di merito come la responsabilità. La prescrizione, invece, è una causa di estinzione del reato che il giudice deve rilevare d’ufficio in ogni stato e grado del processo; pertanto, la rinuncia ai motivi di appello non può essere interpretata come una rinuncia alla prescrizione, che può quindi essere ancora dedotta in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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