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Concordato in appello: limiti al ricorso per Cassazione

Un imputato, dopo aver ottenuto una riduzione di pena tramite un concordato in appello, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata valutazione di cause di proscioglimento. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione chiarisce che l’accordo sulla pena, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., comporta la rinuncia a tutti gli altri motivi, inclusi quelli sulla responsabilità, creando una preclusione processuale che impedisce di sollevare tali questioni in Cassazione.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello e Ricorso in Cassazione: Quando l’Accordo Preclude la Difesa

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sull’accoglimento di alcuni motivi di appello, solitamente legati alla rideterminazione della pena, con rinuncia agli altri. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 5923/2024) ha ribadito i confini e le conseguenze di tale scelta, chiarendo come essa precluda la possibilità di sollevare successivamente questioni relative alla responsabilità penale.

I Fatti del Caso: La Richiesta Concordata in Appello

Nel caso specifico, un imputato, condannato in primo grado dal Tribunale, aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello. Le parti avevano chiesto congiuntamente una parziale riforma della sentenza di primo grado, con una rideterminazione della pena in senso più favorevole all’imputato. La Corte d’Appello, accogliendo la richiesta concorde, aveva ridotto la pena detentiva e pecuniaria.

Nonostante l’accordo, la difesa dell’imputato presentava ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe omesso di valutare la possibile sussistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale, che impone al giudice di dichiarare d’ufficio l’esistenza di tali cause in ogni stato e grado del processo.

La Decisione della Cassazione: il concordato in appello blocca il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno affermato un principio netto: la scelta di aderire al concordato in appello implica una rinuncia implicita ma inequivocabile a tutti i motivi di impugnazione non inclusi nell’accordo. Tale rinuncia si estende anche a questioni, come quelle relative alla sussistenza del fatto o alla colpevolezza, che non possono più essere fatte valere in sede di legittimità.

Le Motivazioni: Rinuncia ai Motivi e Preclusione Processuale

La Corte ha spiegato che l’istituto del concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.) si fonda su un patto processuale. L’imputato, in cambio di un beneficio certo (la riduzione della pena), accetta di rinunciare agli altri motivi di appello. Questa rinuncia ha un effetto preclusivo: limita il potere di cognizione del giudice di secondo grado ai soli punti oggetto dell’accordo. Di conseguenza, il giudice d’appello non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per le cause previste dall’art. 129 c.p.p., poiché tali questioni esulano dall’oggetto del giudizio così come delimitato dalle parti.

Questo meccanismo, hanno sottolineato i giudici, determina una preclusione processuale che non si esaurisce nel giudizio d’appello, ma si estende all’intero procedimento, compreso il ricorso per Cassazione. Permettere all’imputato di rimettere in discussione la propria responsabilità davanti alla Suprema Corte, dopo avervi rinunciato in appello per ottenere uno sconto di pena, vanificherebbe la logica e la funzione stessa dell’istituto. La rinuncia ai motivi, dunque, diventa un atto dispositivo che preclude future contestazioni sui punti abbandonati.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche del Concordato in Appello

La decisione in esame offre un importante monito per la difesa. La scelta di aderire a un concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Se da un lato garantisce un risultato favorevole e certo sulla quantificazione della pena, dall’altro comporta il sacrificio di ogni altra doglianza, comprese quelle relative all’affermazione di responsabilità. L’imputato e il suo difensore devono quindi ponderare attentamente i pro e i contro: ottenere una pena più mite significa chiudere definitivamente la porta a qualsiasi possibilità di ottenere un’assoluzione nel merito nei successivi gradi di giudizio. La rinuncia è un atto che cristallizza il giudizio di colpevolezza, rendendo inattaccabili i punti della sentenza di primo grado che non sono stati oggetto di accordo.

Dopo un concordato in appello è possibile ricorrere in Cassazione per cause di proscioglimento non valutate?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’accordo sulla pena in appello implica la rinuncia a tutti gli altri motivi, comprese le questioni sulla responsabilità. Questa rinuncia crea una preclusione processuale che rende inammissibile il ricorso su tali punti.

In caso di concordato in appello, il giudice è tenuto a verificare la presenza di cause di proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p.?
No. La Corte ha chiarito che, a seguito dell’accordo, la cognizione del giudice d’appello è limitata ai soli motivi non rinunciati. Pertanto, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per cause che, a causa della rinuncia, non fanno più parte dell’oggetto del giudizio.

Qual è l’effetto della rinuncia ai motivi di appello nel contesto del concordato sulla pena?
La rinuncia ai motivi di appello produce un effetto preclusivo che non si limita al giudizio di secondo grado, ma si estende all’intero svolgimento processuale, compreso il giudizio di Cassazione. Di conseguenza, è inammissibile un ricorso basato su questioni alle quali l’interessato aveva precedentemente rinunciato in funzione dell’accordo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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