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Concordato in appello: limiti al ricorso per cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. La Corte chiarisce che l’accordo sulla pena implica la rinuncia ai motivi di appello originari, limitando il ricorso in Cassazione a specifici vizi relativi alla formazione della volontà, al consenso del PM o a una pronuncia difforme dall’accordo.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Precluso

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sull’entità della pena in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 3155 del 2024, torna a ribadire i rigidi limiti di impugnabilità della sentenza che recepisce tale accordo, chiarendo quali questioni non possono più essere sollevate dinanzi alla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino. In secondo grado, le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena, formalizzato attraverso la procedura del concordato in appello. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando che i giudici d’appello non si fossero pronunciati su un motivo specifico del suo atto di impugnazione originario, relativo all’inutilizzabilità di alcuni documenti.

In sostanza, l’imputato, pur avendo concordato la pena, cercava di rimettere in discussione un aspetto che, per effetto dell’accordo stesso, doveva considerarsi superato.

Il Concordato in Appello e la Rinuncia ai Motivi

Il cuore della questione giuridica risiede nella natura stessa del concordato in appello. Quando la difesa e l’accusa si accordano sulla rideterminazione della pena, l’imputato rinuncia implicitamente a tutti gli altri motivi di appello presentati. L’effetto devolutivo dell’impugnazione viene così a concentrarsi unicamente sulla richiesta concordata, precludendo al giudice di secondo grado l’analisi delle altre doglianze.

Questa rinuncia ha un effetto a cascata anche sul successivo ricorso per cassazione. La giurisprudenza consolidata, richiamata nell’ordinanza in esame, ha stabilito che la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. può essere impugnata solo per motivi specifici e circoscritti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ribadito che, una volta perfezionato il concordato in appello, non è più possibile contestare in Cassazione questioni che attengono ai motivi di appello cui si è rinunciato, come l’inutilizzabilità delle prove o la mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento.

Il ricorso è ammesso solo se verte su vizi strettamente legati alla procedura dell’accordo stesso, quali:
1. Difetti nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Vizi relativi al consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.
4. L’illegalità della pena concordata (ad esempio, perché fuori dai limiti edittali).

Poiché il motivo sollevato dal ricorrente non rientrava in nessuna di queste categorie, la Corte ne ha decretato l’inammissibilità.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su un principio consolidato: l’accordo sulla pena in appello costituisce una rinuncia tombale ai motivi originari. Permettere all’imputato di riproporre in Cassazione le medesime questioni significherebbe svuotare di significato l’istituto del concordato in appello, la cui finalità è proprio quella di definire il processo in modo più rapido. Il giudice d’appello, una volta recepito l’accordo, non ha l’obbligo di motivare sul mancato proscioglimento per le cause previste dall’art. 129 c.p.p. o su altre questioni di nullità o inutilizzabilità, poiché la cognizione è limitata all’accordo stesso. Di conseguenza, tali questioni non possono rivivere in sede di legittimità.

Conclusioni

L’ordinanza n. 3155/2024 conferma la natura negoziale e dispositiva del concordato in appello. La scelta di accedere a tale rito processuale deve essere ponderata attentamente dalla difesa, poiché implica una rinuncia definitiva alla possibilità di far valere altri motivi di impugnazione. La sentenza che ne consegue cristallizza l’accordo e può essere messa in discussione solo per vizi che ne intaccano la validità genetica o l’esecuzione, non per riesaminare il merito delle questioni abbandonate. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a sottolineare la colpa grave nel proporre un ricorso palesemente infondato.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello per motivi che erano stati sollevati nel primo atto di appello?
No, la giurisprudenza costante, confermata da questa ordinanza, stabilisce che l’accordo sulla pena in appello comporta la rinuncia ai motivi originari. Pertanto, non è possibile riproporre in Cassazione doglianze relative, ad esempio, all’inutilizzabilità di prove o alla mancata assoluzione, in quanto si tratta di motivi rinunciati.

Quali sono gli unici motivi per cui è consentito il ricorso per cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, o all’illegalità della pena applicata (es. perché diversa da quella prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile in un caso come questo?
Alla declaratoria di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, se la Corte ravvisa profili di colpa nella proposizione del ricorso (come in questo caso, poiché basato su motivi non consentiti), condanna il ricorrente anche al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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