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Concordato in appello: limiti al ricorso per cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1189/2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da tre imputati avverso una sentenza della Corte di Appello. La decisione si fonda sul fatto che la sentenza impugnata era il risultato di un concordato in appello, un accordo con cui gli imputati avevano accettato la pena rinunciando ai motivi di ricorso sulla responsabilità. La Suprema Corte ha ribadito che tale accordo preclude la possibilità di contestare successivamente la condanna o la pena, salvo il raro caso di illegalità della pena stessa, non riscontrato nella fattispecie.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che permette alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 1189/2024) ha ribadito con forza un principio fondamentale: la scelta di aderire a tale accordo ha effetti preclusivi e limita drasticamente la possibilità di un successivo ricorso per cassazione. Analizziamo la decisione per comprendere la portata di questo principio.

I fatti del caso: un ricorso dopo l’accordo in appello

Tre individui, condannati in primo grado, avevano raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte di Appello. In base a questo patto, rinunciavano a determinati motivi di impugnazione, in particolare quelli relativi all’affermazione della loro responsabilità, in cambio di una rideterminazione della pena. La Corte di Appello aveva recepito l’accordo, emettendo una sentenza conforme.

Nonostante l’accordo, i tre imputati decidevano di presentare ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni: uno contestava le ragioni della condanna e la pena, un altro l’aumento per la continuazione del reato, e il terzo l’omessa valutazione di cause di non punibilità. La Suprema Corte ha dovuto quindi valutare se tali ricorsi fossero ammissibili.

La decisione della Corte e l’effetto preclusivo del concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili. La decisione si basa su un ragionamento lineare e rigoroso: il concordato in appello non è una semplice transazione, ma un atto processuale con cui l’imputato rinuncia consapevolmente a far valere determinate censure in cambio di un trattamento sanzionatorio concordato.

Questo accordo, una volta recepito dal giudice, limita non solo la cognizione del giudice d’appello ma preclude anche l’intero svolgimento processuale successivo, compreso il giudizio di legittimità, per i punti che sono stati oggetto di rinuncia.

Le motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni dell’ordinanza si articolano su due pilastri argomentativi principali.

Il primo è l’analogia con la rinuncia all’impugnazione. La Corte spiega che, così come chi rinuncia a un appello non può poi ripensarci, chi accetta un concordato in appello rinunciando a specifici motivi, non può riproporli in Cassazione. L’accordo sulla pena limita la controversia e cristallizza la decisione sui punti concordati.

Il secondo pilastro si basa sull’analogia con il patteggiamento. La Corte richiama un principio consolidato delle Sezioni Unite secondo cui la pena patteggiata non può essere messa in discussione in sede di legittimità, se non nell’ipotesi eccezionale in cui sia stata determinata contra legem, ovvero in violazione dei limiti edittali o di specifiche norme di legge. Nel caso di specie, le pene irrogate erano pienamente all’interno dei limiti previsti dalla legge, rendendo ogni censura sul punto infondata.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

L’ordinanza della Cassazione offre un importante monito per la difesa. La scelta di percorrere la strada del concordato in appello deve essere attentamente ponderata, poiché rappresenta una via quasi senza ritorno. Accettando l’accordo, l’imputato si preclude la possibilità di contestare in Cassazione sia la propria responsabilità sia l’entità della pena concordata, a meno di palesi illegalità.

La decisione rafforza la natura definitiva dell’accordo, garantendo l’efficacia deflattiva dell’istituto e impedendo un uso strumentale del ricorso per cassazione come un ‘terzo grado’ di merito su questioni già definite consensualmente tra le parti.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza decisa con un concordato in appello?
Di regola, no. L’ordinanza chiarisce che l’adesione al concordato in appello, con la conseguente rinuncia a specifici motivi, preclude la possibilità di riproporre tali questioni in Cassazione. L’accordo limita il successivo svolgimento del processo.

Quali sono le uniche eccezioni per cui si può impugnare una pena concordata in appello?
L’unica eccezione menzionata è quella di una determinazione della pena contra legem, cioè illegale. Questo si verifica se la pena applicata è al di fuori dei limiti minimi o massimi stabiliti dalla legge per quel reato. Se la pena è all’interno dei limiti legali, non può essere contestata.

Cosa succede se si presenta un ricorso ritenuto inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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