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Concordato in appello: limiti al ricorso per Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata avverso una sentenza di secondo grado che applicava una pena concordata. La Corte ha ribadito che, una volta accettato il ‘concordato in appello’, non è possibile impugnare la sentenza per motivi a cui si è rinunciato, come la mancata valutazione delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. Il ricorso è quindi inammissibile se non riguarda vizi nella formazione della volontà o l’illegalità della pena.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, permettendo alle parti di accordarsi sulla rideterminazione della pena in secondo grado. Tuttavia, tale accordo comporta delle conseguenze precise sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti del ricorso contro una sentenza che ratifica un simile patto processuale.

I Fatti del Caso

Nel caso in esame, la Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ridotto la pena inflitta a un’imputata a due anni e dieci mesi di reclusione. Tale riduzione era il frutto di un accordo tra le parti, un concordato in appello, a fronte del quale la difesa aveva rinunciato ai motivi di gravame relativi alla responsabilità penale.

Nonostante l’accordo, l’imputata, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione. Il motivo del ricorso si basava sulla presunta violazione di legge, in particolare degli articoli 599 bis e 129 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe omesso di verificare, prima di ratificare l’accordo, la sussistenza di eventuali cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. (ad esempio, se il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso).

La Decisione della Suprema Corte sul Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che l’accordo processuale stipulato liberamente tra le parti, una volta recepito nella decisione del giudice, non può essere modificato unilateralmente in un momento successivo. Di conseguenza, non è possibile sollevare in sede di legittimità questioni che sono state oggetto di rinuncia esplicita in funzione del raggiungimento del concordato in appello.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il ricorso in Cassazione avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p. è ammissibile solo per motivi molto specifici, quali:

1. Vizi nella formazione della volontà: Ad esempio, se il consenso all’accordo è stato estorto o non è stato liberamente prestato.
2. Mancato consenso del pubblico ministero: Se l’accordo è stato ratificato senza il necessario consenso dell’accusa.
3. Illegalità della pena: Se la sanzione concordata e applicata dal giudice è illegale, ovvero diversa da quella prevista dalla legge o al di fuori dei limiti edittali.

Al di fuori di queste ipotesi, sono inammissibili tutte le altre doglianze. In particolare, non è possibile lamentare la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., poiché tale verifica rientra tra i motivi oggetto di rinuncia implicita nell’accordo. L’adesione al concordato implica l’accettazione della responsabilità penale in cambio di un trattamento sanzionatorio più mite, precludendo un successivo riesame nel merito.

La Corte ha quindi proceduto con una declaratoria di inammissibilità de plano, ovvero senza udienza, trattandosi di un ricorso avverso una sentenza pronunciata sulla base di un accordo tra le parti. L’imputata è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale del diritto processuale penale: il concordato in appello è un negozio giuridico processuale che, una volta perfezionato, cristallizza la situazione giuridica tra le parti, salvo vizi genetici dell’accordo o palesi illegalità della pena. Chi sceglie questa strada processuale deve essere consapevole che sta rinunciando a far valere determinate censure in cambio di un beneficio sanzionatorio. Il ricorso per Cassazione non può diventare uno strumento per rimettere in discussione, in modo unilaterale, un patto liberamente sottoscritto. La decisione della Corte di Cassazione serve da monito sulla necessità di ponderare attentamente la scelta di accedere a tale istituto, comprendendone a fondo le preclusioni che ne derivano.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammissibile se riguarda vizi nella formazione della volontà delle parti (es. consenso non libero), il mancato consenso del pubblico ministero o se la pena applicata è illegale. Non è possibile ricorrere per motivi a cui si è rinunciato, come la mancata valutazione delle cause di proscioglimento.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputata lamentava la mancata verifica delle condizioni di proscioglimento (art. 129 c.p.p.) da parte della Corte d’Appello. Questo motivo è considerato oggetto di rinuncia implicita nel momento in cui si accetta il concordato sulla pena, e quindi non può essere fatto valere successivamente in Cassazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. La sentenza impugnata diventa definitiva e la parte ricorrente viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione non consentita dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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