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Concordato in appello: limiti al ricorso per Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (c.d. concordato in appello), aveva tentato di sollevare questioni di merito. La Corte ribadisce che la rinuncia ai motivi di appello, insita nell’accordo, limita la possibilità di impugnazione successiva ai soli vizi di legalità della pena, precludendo ogni riesame dei fatti o della motivazione.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: Limiti al Ricorso per Cassazione e l’Effetto Preclusivo della Rinuncia ai Motivi

L’istituto del concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma le cui conseguenze processuali devono essere attentamente ponderate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo inequivocabile i limiti che tale accordo impone alla possibilità di un successivo ricorso, ribadendo un principio consolidato: la rinuncia ai motivi di appello preclude un riesame del merito in sede di legittimità.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale per un reato legato agli stupefacenti. In sede di appello, la difesa dell’imputato e la Procura Generale raggiungevano un accordo per la rideterminazione della pena. La Corte d’appello, preso atto dell’accordo, riduceva la condanna a due anni e otto mesi di reclusione e 1.200 euro di multa. Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un difetto di motivazione. Sosteneva, in particolare, che la Corte territoriale avrebbe omesso di verificare la sussistenza di vizi di forma o di circostanze che avrebbero potuto condurre a una diversa ricostruzione dei fatti.

Gli Effetti del Concordato in Appello sul Ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la sua decisione sulla natura stessa del concordato in appello. Questo istituto processuale si basa su un accordo tra le parti che implica, da parte dell’imputato, una rinuncia a tutti i motivi di appello, ad eccezione di quello relativo all’entità della pena. Di conseguenza, l’ambito di valutazione del giudice d’appello viene circoscritto alla congruità della pena concordata.

Accettando l’accordo, l’imputato preclude la possibilità di sollevare in una fase successiva questioni relative alla sua responsabilità, a vizi procedurali o a difetti di motivazione della sentenza di primo grado. Il negozio processuale stipulato tra le parti, una volta ratificato dal giudice, non può essere modificato unilateralmente, salvo il caso eccezionale di illegalità della pena pattuita.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha richiamato la giurisprudenza consolidata, formatasi anche in relazione al precedente istituto del “patteggiamento in appello”, sottolineando come l’effetto devolutivo dell’impugnazione venga drasticamente limitato dalla rinuncia ai motivi. La cognizione del giudice è circoscritta ai punti non oggetto di rinuncia. Pertanto, il giudice d’appello non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’articolo 129 c.p.p. (come l’evidenza dell’innocenza), né a verificare l’eventuale sussistenza di nullità assolute o l’inutilizzabilità delle prove. Questi temi, infatti, rientrano tra i motivi a cui l’imputato ha volontariamente rinunciato.

Il potere dispositivo riconosciuto alle parti dall’articolo 599-bis c.p.p. ha un effetto preclusivo che si estende all’intero svolgimento processuale, incluso il giudizio di legittimità. Di conseguenza, le doglianze relative a vizi di motivazione o a presunti errori nella valutazione delle prove rimangono definitivamente precluse dalla rinuncia ai motivi d’appello. Il ricorso per cassazione avverso una sentenza che recepisce un accordo sulla pena è ammissibile solo se contesta la legalità della pena stessa o la mancata sussistenza dei presupposti legali dell’accordo.

Le Conclusioni

La decisione in commento riafferma un principio fondamentale: la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato che opta per questa via ottiene una pena certa e potenzialmente più mite, ma al contempo rinuncia in modo irrevocabile a far valere qualsiasi altra doglianza relativa al merito della vicenda. Il ricorso per cassazione diventa uno strumento residuale, utilizzabile solo per censure strettamente legate alla legalità della pena concordata. Questa ordinanza serve da monito sulla necessità di una valutazione approfondita e consapevole prima di intraprendere il percorso del concordato processuale, che chiude la porta a un riesame completo dei fatti e delle prove.

Dopo aver raggiunto un concordato in appello, è possibile ricorrere in Cassazione per vizi di motivazione o errori nella valutazione dei fatti?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la rinuncia ai motivi di appello, che è alla base del concordato, preclude la possibilità di sollevare in seguito questioni relative alla responsabilità, ai vizi di motivazione o alla ricostruzione dei fatti. L’impugnazione è limitata alla sola legalità della pena concordata.

Il giudice d’appello, di fronte a una richiesta di concordato, deve verificare se esistono cause di proscioglimento immediato dell’imputato?
No. Secondo l’orientamento consolidato, a seguito della rinuncia ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia. Pertanto, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen.

Quali sono le conseguenze se il ricorso per cassazione, proposto dopo un concordato in appello, viene dichiarato inammissibile?
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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