Concordato in Appello: La Cassazione Chiarisce i Limiti all’Impugnazione
Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento per deflazionare il carico giudiziario, ma quali sono i limiti per impugnare la sentenza che ne deriva? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta, dichiarando inammissibile un ricorso che non rispettava i rigidi paletti normativi. Questa decisione sottolinea l’importanza di conoscere a fondo le differenze tra questo istituto e il più noto patteggiamento.
I Fatti di Causa: Un Ricorso Basato su un Motivo non Consentito
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello di Napoli, emessa proprio a seguito di un accordo tra le parti sulla pena. L’imputato, tramite il suo difensore, aveva lamentato una violazione di legge ai sensi dell’art. 606, lettera b), del codice di procedura penale. In particolare, sosteneva che la Corte d’Appello avesse omesso di valutare la possibile sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 c.p.p., prima di ratificare l’accordo sulla pena.
La Decisione della Suprema Corte e i limiti del concordato in appello
La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso senza nemmeno entrare nel merito della questione, dichiarandolo inammissibile. La Corte ha agito d’ufficio, senza contraddittorio tra le parti, applicando una norma specifica e molto stringente: l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale.
Questa disposizione stabilisce che la Corte dichiara, senza particolari formalità, l’inammissibilità del ricorso contro la sentenza pronunciata a norma dell’articolo 599-bis. La decisione, quindi, non si basa su una valutazione della fondatezza del motivo sollevato, ma sulla constatazione che quel motivo, in sé, non poteva essere proposto.
Le Motivazioni: La Specificità del Concordato in Appello
Il cuore della motivazione risiede nella netta distinzione che la Suprema Corte opera tra il concordato in appello e l’istituto del patteggiamento (applicazione della pena su richiesta delle parti). Mentre per il patteggiamento la legge prevede specifici e limitati motivi di ricorso, per il concordato in appello la situazione è ancora più restrittiva. La legge di riforma (L. 103/2017), che ha introdotto l’art. 599-bis, non ha previsto un sistema di impugnazione analogo a quello del patteggiamento.
La Cassazione sottolinea una ‘radicale diversità’ tra i due istituti. Il legislatore ha scelto deliberatamente di non estendere al concordato in appello le stesse garanzie di impugnazione previste per il patteggiamento. Di conseguenza, il ricorso contro una sentenza ex art. 599-bis è possibile solo per motivi non rinunciati dalle parti con l’accordo stesso, ma la violazione di legge generica, come quella lamentata nel caso di specie, non rientra tra questi.
La procedura semplificata di dichiarazione di inammissibilità (de plano) prevista dall’art. 610 c.p.p. conferma la volontà del legislatore di creare un ‘binario morto’ per i ricorsi non conformi, al fine di garantire la rapida definizione del processo una volta raggiunto l’accordo in appello. Proporre un ricorso per motivi non consentiti costituisce una colpa grave, che giustifica la condanna al pagamento non solo delle spese processuali ma anche di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame offre un importante monito per la difesa tecnica. Chi intende impugnare una sentenza emessa a seguito di concordato in appello deve essere consapevole che i margini di manovra sono estremamente ridotti. È fondamentale verificare che i motivi di ricorso rientrino nel perimetro di quelli non oggetto di rinuncia con l’accordo, evitando di sollevare questioni che, seppur astrattamente fondate, sono processualmente precluse.
La decisione della Cassazione cristallizza un principio di specialità e di rigore formale: la scelta di aderire al concordato in appello comporta una quasi totale rinuncia all’ulteriore impugnazione. Qualsiasi tentativo di forzare la mano, proponendo ricorsi basati su motivi non ammessi, è destinato a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità, con conseguenze economiche negative per l’imputato.
È possibile presentare ricorso per cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Sì, ma solo per i motivi non rinunciati dalle parti con l’accordo stesso. Il ricorso è inammissibile se proposto per motivi non consentiti, come la generica violazione di legge, in base all’art. 610, comma 5 bis, del codice di procedura penale.
Qual è la principale differenza tra l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento e una di concordato in appello?
La principale differenza è che per la sentenza di patteggiamento la legge prevede specifici motivi di ricorso, mentre per la sentenza di concordato in appello non esiste una previsione analoga. Le possibilità di impugnazione per il concordato sono molto più ristrette e non simmetriche a quelle del patteggiamento.
Cosa succede se si propone un ricorso per un motivo non consentito contro una sentenza di concordato in appello?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile senza formalità di procedura. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26820 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 26820 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DE COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 25/02/1981 avverso la sentenza del 09/04/2025 della CORTE di APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ricorso trattato de plano.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ricorso avverso l’indicata sentenza pronunciata ex art. 599 bis c.p.p. su istanza di concordato, l’imputato ha dedotto violazione di legge ai sensi dell’art b, cod. proc. pen. per mancato vaglio delle condizioni previste dall’art. 129 c pen..
Il ricorso è inammissibile poiché dedotto per un motivo non consentito.
Deve essere ricordato come ai sensi del comma 5 bis dell’art. 610 cod. pen.”….la corte dichiara senza formalità di procedura l’inammissibilità del ric stesso modo la corte dichiara l’inammissibilità del ricorso contro la sen applicazione della pena su richiesta delle parti e contro la sentenza pronunciata dell’articolo 599 bis”. In applicazione del suddetto principio la Suprema Corte pro dichiarare l’inammissibilità del ricorso per cassazione, proposto avverso la s pronunciata in sede di concordato in appello, con ordinanza emessa d’ufficio ed in a di contraddittorio. Al proposito va sottolineata l’assenza di simmetria tra la l dei motivi di ricorso avverso la sentenza di patteggiamento e la mancata previs motivi proponibili avverso la sentenza di cui all’art. 599 bis cod. proc. pen. ricorso avverso la sentenza del concordato in appello, ex artt. 599 bis e 602 co pen., non è circondata da analoghe previsioni rispetto al patteggiamento; di modifica legislativa introdotta con la legge n. 103/2017 non ha previsto per il co
in appello alcuna ipotesi di censure ricorripili per cassazione stabilendo per esso la declaratoria di inammissibilità
de plano sicchè la doglianza proposta non ha
fondamento nella parte in cui propone una simmetria tra sentenza ex art. 444 cod.
pen. e pronuncia ex art. 599 bis cod. proc. pen.. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018
Rv. 272969 – 01).
Deve pertanto ritenersi che le uniche doglianze proponibili siano quelle relati formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al conse
Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del di appello mentre alcuno spazio può essere ammesso per doglianze attinenti mo
rinunciati. Del resto, deve ancora essere rammentato che la giurisprudenza prece l’abrogazione del primo concordato in appello aveva già stabilito che in tema
patteggiannento in appello il giudice d’appello nell’accogliere la richiesta avanzata dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen., (oggi art. 599 bis cod. proc. pen.) non
a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per taluna delle cause pre dall’art. 129 cod. proc. pen. né sull’insussistenza di cause di nullità as
inutilizzabilità della prova, in quanto a causa dell’effetto devolutivo, una l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione, la cognizione del giudice
limitarsi ai motivi non rinunciati, essendovi peraltro una radicale diversità tra dell’applicazione della pena su richiesta delle parti e quello disciplinato dal cita cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 35108 del 08/05/2003, Rv. 226707).
L’impugnazione è quindi inammissibile (ex art. 606 co.3 c.p.p.) con consegu condanna ex art. 616 c.p.p. del ricorrente al pagamento delle spese processuali, al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, valutati i pr di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 24 giugno 2025
Il Co sigliere est.
GLYPH
La Presidente
NOME
F
ont GLYPH
NOME COGNOME
7