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Concordato in appello: limiti al ricorso per cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. La Corte ha stabilito che, aderendo all’accordo, l’imputato rinuncia ai motivi di impugnazione, inclusa la richiesta di proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p. Il ricorso è ammesso solo per vizi nella formazione dell’accordo o per illegalità della pena.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione e Concordato in Appello: i limiti invalicabili

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, la scelta di percorrere questa via processuale comporta conseguenze significative sui successivi mezzi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i confini del ricorso avverso una sentenza frutto di tale accordo, dichiarandolo inammissibile se fondato su motivi rinunciati.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, un imputato era stato condannato per reati di furto e in materia di sostanze stupefacenti. In secondo grado, la Corte di Appello, su accordo delle parti, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, rideterminando la pena in cinque anni e quattro mesi di reclusione, oltre a una multa di 28.000 euro.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione. La doglianza era unica e verteva sulla presunta violazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, norma che impone al giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità, come l’assoluzione nel merito, in ogni stato e grado del processo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine: il ricorso avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. può basarsi solo su un novero ristretto di motivi, che non includono la rivalutazione del merito della colpevolezza.

Le Motivazioni: perché il ricorso sul concordato in appello è stato respinto?

La Corte ha ribadito che il concordato in appello ha una fisionomia distinta dal patteggiamento in primo grado (art. 444 c.p.p.). La sua natura si fonda sulla rinuncia esplicita ai motivi di impugnazione precedentemente presentati. Questa rinuncia non è un mero atto formale, ma un elemento costitutivo dell’accordo stesso.

Di conseguenza, l’imputato che accetta il concordato perde la facoltà di contestare la propria responsabilità e la qualificazione giuridica del fatto, aspetti che si considerano ormai definiti. La richiesta di applicare l’art. 129 c.p.p. per un proscioglimento nel merito rientra esattamente tra le questioni a cui si è rinunciato.

La giurisprudenza citata dalla Corte è chiara: il ricorso è ammissibile solo se contesta:
1. Vizi nella formazione della volontà di accedere al concordato.
2. Il mancato o viziato consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo pattuito.

Al di fuori di queste ipotesi, l’unica altra possibilità di annullamento, che la Corte può rilevare anche d’ufficio, è l’illegalità della pena, ovvero una sanzione non prevista dalla legge o applicata al di fuori dei limiti edittali. Nel caso esaminato, nessuna di queste condizioni era presente.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale per la difesa tecnica: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con effetti preclusivi. Se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e potenzialmente più mite, dall’altro chiude definitivamente la porta a qualsiasi discussione sul merito della vicenda processuale. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere pienamente consapevoli che, una volta siglato l’accordo, non sarà più possibile sollevare questioni relative alla colpevolezza o alla necessità di un proscioglimento. Il perimetro del ricorso per cassazione si restringe drasticamente, limitandosi a verificare la correttezza formale dell’accordo e la legalità della pena inflitta.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza decisa con “concordato in appello”?
Sì, ma solo per motivi molto specifici: vizi nella formazione della volontà di accordarsi, nel consenso del Pubblico Ministero, o se il giudice si discosta dall’accordo. È anche possibile ricorrere per una pena palesemente illegale.

Se si accetta un concordato in appello, si può ancora chiedere l’assoluzione per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p.?
No. Secondo la Corte di Cassazione, accettando il concordato si rinuncia ai motivi di appello, e questo include la possibilità di contestare la propria responsabilità e chiedere l’assoluzione nel merito, che è l’oggetto dell’art. 129 c.p.p.

Qual è la differenza principale tra il “concordato in appello” (art. 599-bis) e il “patteggiamento” (art. 444) riguardo ai ricorsi?
Nel concordato in appello si rinuncia ai motivi di impugnazione, cristallizzando la responsabilità penale già accertata. Nel patteggiamento, l’accordo riguarda l’accusa stessa, lasciando aperta la possibilità di ricorrere in Cassazione per questioni come la qualificazione giuridica del fatto. Di conseguenza, i motivi di ricorso sono molto più limitati nel primo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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