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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver accettato un concordato in appello sulla pena, ha contestato la mancata assoluzione per evidente innocenza (art. 129 c.p.p.). La Suprema Corte ribadisce che l’accordo sulla pena implica la rinuncia a tali motivi, limitando il ricorso in Cassazione a vizi specifici dell’accordo stesso.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale che consente di definire il giudizio di secondo grado attraverso un accordo tra le parti sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo definitivo i limiti di un successivo ricorso, specialmente quando si tenta di rimettere in discussione la propria colpevolezza. Analizziamo la decisione per capire le sue importanti implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla decisione della Corte di Appello di Milano. In quella sede, l’imputato, in accordo con il pubblico ministero, aveva optato per il concordato in appello. Di conseguenza, aveva rinunciato a tutti i motivi di appello ad eccezione di quelli relativi alla quantificazione della pena. La Corte di Appello, accogliendo l’accordo, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, applicando la pena concordata ritenuta congrua.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione. Il motivo? Sosteneva che la Corte di Appello avesse commesso un errore, omettendo di valutare e motivare la possibile applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, ovvero l’obbligo di assoluzione immediata in presenza di prove evidenti di innocenza.

I Limiti del Concordato in Appello secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza, richiamando una precedente sentenza (n. 22002/2019). Il punto centrale è che la scelta di accedere al concordato in appello comporta conseguenze procedurali ben precise e irrevocabili.

Accettando l’accordo sulla pena, l’imputato rinuncia implicitamente a contestare nel merito la propria responsabilità. Di conseguenza, non può successivamente lamentare in Cassazione la mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. Questo tipo di doglianza rientra tra i motivi a cui si è rinunciato.

La Decisione della Corte di Cassazione e le motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che il ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è consentito solo per un numero molto limitato di motivi. Questi includono:

1. Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Problemi legati al consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.
4. L’illegalità della sanzione inflitta (ad esempio, una pena fuori dai limiti edittali o di una specie diversa da quella prevista dalla legge).

Qualsiasi altro motivo, inclusa la presunta violazione dell’art. 129 c.p.p., è escluso. La doglianza dell’imputato è stata inoltre giudicata generica e apodittica, cioè priva di argomentazioni specifiche e fondate in diritto. L’inammissibilità del ricorso ha quindi comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con effetti preclusivi. Chi sceglie questa via ottiene il beneficio di una pena certa e concordata, ma al contempo chiude la porta a future contestazioni sulla colpevolezza. È un’opzione che richiede un’attenta valutazione da parte dell’imputato e del suo difensore, poiché non consente ripensamenti. In pratica, non si può beneficiare della riduzione di pena derivante da un accordo e, allo stesso tempo, sperare in un’assoluzione in un grado di giudizio successivo. La strada del ricorso in Cassazione rimane aperta solo per tutelare la correttezza formale e la legalità dell’accordo stesso, non per rimettere in discussione il suo presupposto: l’accettazione della responsabilità penale.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici, come vizi nella formazione della volontà di accordarsi, un consenso irregolare del pubblico ministero, una sentenza non conforme all’accordo o l’applicazione di una pena illegale.

Se accetto un concordato in appello, posso ancora sostenere in Cassazione che dovevo essere assolto ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’adesione al concordato implica la rinuncia a questo tipo di motivo. Di conseguenza, un ricorso basato su questa doglianza è inammissibile.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, commisurata alla sua colpa nell’aver promosso un’impugnazione non consentita dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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