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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi presentati da cinque imputati contro una sentenza emessa a seguito di un ‘concordato in appello’. La Corte ha stabilito che l’accordo tra le parti, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., implica una rinuncia ai motivi di ricorso non concordati, rendendo inammissibili le doglianze relative a vizi di motivazione, valutazione delle circostanze o mancate cause di proscioglimento.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile?

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono le sue conseguenze sulla possibilità di ricorrere in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce i limiti invalicabili per la difesa, dichiarando inammissibili i ricorsi basati su motivi a cui si è implicitamente rinunciato con l’accordo.

I Fatti del Caso: Dalla Corte d’Appello alla Cassazione

Cinque imputati, dopo una sentenza della Corte d’Appello di Catania che applicava la pena concordata tra le parti, decidevano di presentare distinti ricorsi per Cassazione. Le loro doglianze erano varie e complesse: si andava dalla violazione di legge per omessa motivazione su evidenti cause di proscioglimento, a vizi legati alla recidiva, all’aggravante del metodo mafioso e al bilanciamento delle circostanze attenuanti.

Tutti i ricorsi, tuttavia, si scontrano con la natura stessa della sentenza impugnata, emessa proprio a seguito di un concordato in appello.

La Decisione della Corte: La Regola del Concordato in Appello

La Corte di Cassazione, con una procedura snella de plano, ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accordo sulla pena in appello preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni che sono state oggetto di rinuncia.

I giudici hanno ribadito che l’accesso al concordato comporta l’accettazione della sentenza di condanna di primo grado e la rinuncia a far valere gran parte dei motivi di appello. Di conseguenza, tentare di riproporre tali questioni in sede di legittimità costituisce un’azione processualmente non consentita.

Le Motivazioni: I Limiti Imposti dal Concordato in Appello

La motivazione della Corte è cristallina e si allinea a un orientamento giurisprudenziale consolidato (richiamando la sentenza n. 944/2020). L’ordinanza spiega che il ricorso per Cassazione avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo in casi eccezionali e tassativi. In particolare, è possibile contestare:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo pattuito tra le parti.
4. Illegalità della pena inflitta, qualora essa sia diversa da quella prevista dalla legge o non rientri nei limiti edittali.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è inammissibile. Nel caso di specie, i ricorrenti hanno sollevato questioni (mancata valutazione di cause di proscioglimento, vizi di motivazione su circostanze e pena) che si considerano rinunciate nel momento in cui si è scelto di percorrere la strada del concordato in appello. La logica del legislatore è chiara: non si può beneficiare di un accordo sulla pena e, al contempo, mantenere aperte tutte le vie di impugnazione come se l’accordo non fosse mai avvenuto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa pronuncia rafforza un punto fondamentale per la strategia processuale: la scelta del concordato in appello è una decisione che deve essere ponderata con estrema attenzione. Se da un lato offre il vantaggio di una potenziale rideterminazione favorevole della pena, dall’altro chiude quasi ermeticamente le porte del ricorso in Cassazione. La difesa deve essere pienamente consapevole che, accettando l’accordo, sta implicitamente rinunciando a far valere la maggior parte dei vizi della sentenza di primo grado. L’ordinanza serve da monito: una volta siglato il patto processuale, non sono ammessi ripensamenti volti a rimettere in discussione punti ormai definiti dall’accordo stesso, con la conseguenza, come nel caso in esame, della declaratoria di inammissibilità del ricorso e della condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Dopo un concordato in appello è sempre possibile fare ricorso in Cassazione?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per motivi molto specifici, come vizi relativi alla formazione della volontà di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, a una decisione del giudice non conforme all’accordo, o all’illegalità della pena applicata.

La mancata valutazione di una causa di proscioglimento può essere contestata in Cassazione dopo un concordato in appello?
No. Secondo la decisione della Corte, la doglianza relativa alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) rientra tra i motivi a cui si rinuncia implicitamente con l’accordo e, pertanto, non può essere dedotta con il ricorso in Cassazione.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile dopo un concordato in appello?
Come stabilito nel caso di specie, alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, a causa della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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