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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado per reati di usura ed estorsione tramite concordato in appello, ha impugnato la sentenza lamentando la severità della pena e il mancato riconoscimento di attenuanti. La Corte ribadisce che il ricorso è possibile solo per vizi della volontà, del consenso del PM o per difformità della sentenza rispetto all’accordo, escludendo doglianze su punti rinunciati come la determinazione della pena concordata.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando e Perché il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, rappresenta uno strumento processuale cruciale che permette alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, la scelta di aderire a tale accordo comporta conseguenze significative, specialmente per quanto riguarda la possibilità di impugnare la decisione finale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i limiti invalicabili del ricorso avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, chiarendo quali motivi sono ammessi e quali, invece, sono destinati a un’inevitabile declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte trae origine da una sentenza della Corte di Appello che, in parziale riforma di una decisione di primo grado, aveva applicato una pena concordata tra l’imputato e la procura generale. L’accordo riguardava diversi reati, tra cui usura ed estorsione. Nonostante avesse acconsentito alla pena, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentandosi di due aspetti specifici: il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e l’eccessiva severità della pena determinata.

L’impugnazione con il concordato in appello

Il ricorrente, in sostanza, cercava di rimettere in discussione elementi che erano stati oggetto, diretto o indiretto, dell’accordo raggiunto con l’accusa. La difesa si doleva di una pena che l’imputato stesso aveva contribuito a definire e richiesto alla Corte di merito. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha prontamente respinto tali argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: l’adesione al concordato in appello implica una rinuncia a far valere determinate doglianze.

I Limiti del Ricorso in Cassazione

La Suprema Corte ha colto l’occasione per riepilogare in quali casi è ammissibile impugnare una sentenza frutto di un accordo in appello. Il ricorso è consentito esclusivamente per motivi che attengono a:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Irregolarità relative al consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme da quanto pattuito tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, il ricorso è inammissibile. In particolare, non è possibile lamentarsi di motivi ai quali si è rinunciato, come la valutazione delle condizioni per un proscioglimento ex art. 129 c.p.p. o vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale (ad esempio, perché superiore ai massimi edittali o di specie diversa da quella prevista dalla legge).

Le Motivazioni

Nel caso di specie, i motivi addotti dal ricorrente non rientravano in nessuna delle categorie ammesse. La doglianza sulla eccessività della pena era palesemente infondata, poiché la sanzione era stata concordata e richiesta dallo stesso imputato. Allo stesso modo, la questione del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è stata considerata come un punto oggetto di rinuncia implicita. Non facendo parte dell’accordo, si presume che la difesa abbia accettato di rinunciare a tale richiesta in cambio dei benefici derivanti dal concordato stesso. La Corte ha sottolineato come il ricorso fosse, peraltro, formulato in termini del tutto generici, senza specificare vizi concreti riconducibili alle uniche ipotesi ammesse. Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende, a causa della sua colpa nel promuovere un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante monito: il concordato in appello è una scelta strategica che chiude definitivamente la discussione su determinati aspetti del processo. Accettando un accordo sulla pena, l’imputato rinuncia implicitamente a contestare la sua congruità e gli elementi che ne sono alla base, come la valutazione delle circostanze. Il ricorso in Cassazione resta un’opzione percorribile solo per vizi genetici dell’accordo o per una sua non corretta trasposizione nella sentenza, ma non può diventare uno strumento per ottenere un riesame nel merito di decisioni già condivise e accettate. Questa pronuncia consolida la natura negoziale dell’istituto e la responsabilità delle parti nell’assumere impegni processuali vincolanti.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi specifici e limitati. Il ricorso è ammissibile se riguarda vizi nella formazione della volontà dell’imputato, irregolarità nel consenso del pubblico ministero, o se la sentenza del giudice è difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Se si accetta un concordato in appello, ci si può poi lamentare che la pena è troppo alta?
No. Secondo la Corte di Cassazione, lamentarsi dell’eccessività di una pena che è stata volontariamente concordata e richiesta alla Corte costituisce un motivo inammissibile di ricorso. L’accordo sulla pena implica la rinuncia a contestarne la congruità.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende. L’importo di tale sanzione è commisurato al grado di colpa del ricorrente nell’aver proposto un’impugnazione non consentita dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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