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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. La decisione sottolinea che la rinuncia ai motivi di impugnazione crea una preclusione processuale che impedisce di sollevare in Cassazione questioni precedentemente abbandonate, come le cause di proscioglimento, a meno che non si contestino vizi specifici dell’accordo stesso.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione Diventa Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta un importante strumento di economia processuale. Tuttavia, la sua applicazione solleva questioni cruciali sui limiti dell’impugnazione successiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito in modo definitivo i confini del ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di tale accordo, stabilendo principi ferrei sulla rinuncia ai motivi di appello.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva ratificato un accordo sulla pena. In sede di appello, la difesa e il Procuratore Generale avevano concordato l’applicazione di una pena di sette anni di reclusione, con la contestuale rinuncia da parte dell’imputato a ogni altro motivo di doglianza. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, sollevando questioni relative a cause di proscioglimento e alla prescrizione di uno dei reati contestati, ovvero proprio quei temi a cui aveva implicitamente rinunciato.

L’Analisi della Corte sul Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire la natura e gli effetti del concordato in appello. Questo istituto permette alle parti di accordarsi sull’accoglimento di alcuni motivi di appello, con rinuncia agli altri, e di concordare una nuova determinazione della pena. La Suprema Corte ha evidenziato che tale accordo genera un effetto vincolante: la rinuncia ai motivi determina una preclusione processuale. Ciò significa che il giudice dell’appello, e di conseguenza la Cassazione, non può più prendere in cognizione le questioni che non sono state oggetto dell’accordo e a cui l’imputato ha espressamente o implicitamente rinunciato.

La Preclusione e l’Effetto Devolutivo

Il principio si fonda sull’effetto devolutivo dell’impugnazione. L’ambito di valutazione del giudice è limitato ai soli motivi proposti. Se un motivo viene rinunciato, esce dal perimetro del giudizio. La Corte ha specificato che questa preclusione è talmente forte da impedire al giudice di rilevare d’ufficio persino le cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. (come l’evidenza che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso), se queste si riferiscono a punti coperti dalla rinuncia.

Le Motivazioni della Decisione

Sulla base di queste premesse, la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I motivi sollevati dal ricorrente, relativi a cause di proscioglimento e alla prescrizione, erano stati oggetto di rinuncia in funzione dell’accordo sulla pena raggiunto in appello. La Corte ha chiarito che un ricorso in Cassazione contro una sentenza ‘concordata’ è ammissibile solo in casi eccezionali e specifici:

1. Vizi della volontà: Se si contesta che il consenso all’accordo sia stato viziato.
2. Mancato consenso del P.G.: Se vi sono problemi relativi al consenso del Procuratore Generale.
3. Decisione difforme: Se la pronuncia del giudice si discosta da quanto concordato tra le parti.

Poiché il ricorso non verteva su nessuno di questi punti ma tentava di riaprire questioni ormai precluse, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha inoltre aggiunto, a titolo di completezza, che il motivo relativo alla prescrizione era comunque manifestamente infondato nel merito.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: il concordato in appello è un patto processuale che implica una scelta definitiva. La rinuncia ai motivi di impugnazione in cambio di una pena concordata non è un atto reversibile. Questa decisione rafforza l’efficienza dello strumento deflattivo del contenzioso, ma al contempo lancia un monito agli imputati e ai loro difensori: la scelta di accedere al concordato deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché chiude la porta a future contestazioni sui punti rinunciati. La conseguenza dell’inammissibilità, come nel caso di specie, è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rendendo il tentativo di impugnazione ulteriormente gravoso.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
Sì, ma il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici che riguardano la formazione dell’accordo, come vizi nella volontà della parte, problemi nel consenso del Procuratore Generale, o qualora la decisione del giudice sia difforme rispetto a quanto pattuito. Non è possibile riproporre motivi ai quali si è rinunciato.

Se si rinuncia ai motivi di appello per un concordato, si può poi sollevare in Cassazione una causa di proscioglimento come la prescrizione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la rinuncia ai motivi per accedere al concordato sulla pena determina una preclusione processuale. Questo impedisce di sollevare successivamente questioni rinunciate, incluse le cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale (come la prescrizione), anche se normalmente rilevabili d’ufficio.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
In caso di dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (nel caso specifico, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, a meno che non vi siano elementi che escludano la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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