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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

Un imputato ha proposto ricorso in Cassazione contro una sentenza di secondo grado emessa a seguito di un ‘concordato in appello’, lamentando la mancata assoluzione ai sensi dell’art. 129 c.p.p. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile. La decisione ribadisce che, aderendo al concordato, l’imputato rinuncia ai motivi di appello e non può più sollevare questioni relative alla mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento, salvo vizi nella formazione della volontà.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, introdotto dalla riforma Orlando, offre una via per definire il processo penale in secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Tuttavia, quali sono le conseguenze di tale accordo sulla possibilità di impugnare la decisione finale? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti del ricorso avverso una sentenza che ratifica un patto tra le parti, stabilendo principi chiari sulla rinuncia ai motivi di impugnazione.

Il Caso: Un Ricorso Contro il ‘Patto’ sulla Pena

Nel caso in esame, un imputato aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello per la rideterminazione della pena. La Corte d’Appello, recependo l’accordo, emetteva la relativa sentenza. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge: a suo dire, i giudici di merito avrebbero dovuto proscioglierlo ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, anziché applicare la pena concordata. La sua tesi si basava sull’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente determinate cause di non punibilità, anche in presenza di un accordo.

La Disciplina del Concordato in Appello

L’articolo 599-bis del codice di procedura penale consente alle parti di chiedere alla Corte d’Appello di accogliere, in tutto o in parte, i motivi di impugnazione e di rideterminare la pena. Se l’accordo viene raggiunto e il giudice lo ritiene congruo, pronuncia una sentenza che ne prende atto. Questo meccanismo ha una finalità deflattiva, volta a velocizzare la definizione dei processi. La natura ‘negoziale’ di questo istituto, però, ha implicazioni significative sui successivi gradi di giudizio.

La Decisione della Cassazione: I Limiti del Ricorso e le implicazioni del concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile. I giudici supremi hanno richiamato un orientamento ormai consolidato secondo cui il ricorso avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentito solo per motivi specifici e limitati. In particolare, è possibile contestare:

1. Vizi nella formazione della volontà di accedere al concordato.
2. Difetti nel consenso del Procuratore Generale.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Qualsiasi altra doglianza, specialmente quelle relative a motivi a cui la parte ha implicitamente rinunciato con l’accordo, è da considerarsi inammissibile.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio logico e giuridico ineccepibile: la rinuncia ai motivi di appello, che è il presupposto del concordato in appello, crea una preclusione processuale. Ciò significa che l’imputato, scegliendo la via dell’accordo, accetta di non contestare più certi aspetti della sentenza di primo grado. Di conseguenza, il giudice d’appello non è più investito della cognizione su quei punti. Pretendere che lo stesso giudice debba motivare il mancato proscioglimento su questioni non più devolute al suo esame sarebbe una contraddizione. La radicale diversità tra l’applicazione della pena su richiesta delle parti e il concordato in appello non cambia la sostanza: in entrambi i casi, la volontà dispositiva della parte limita la cognizione del giudice a specifici aspetti, escludendone altri.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato che accede a tale accordo ottiene il beneficio di una pena certa e potenzialmente più mite, ma al contempo rinuncia alla possibilità di far valere altri motivi di impugnazione in Cassazione, inclusa la richiesta di un proscioglimento nel merito. Il ricorso alla Suprema Corte rimane una via percorribile, ma solo per contestare la correttezza procedurale e la genuinità dell’accordo stesso, non per riaprire una discussione che le parti hanno volontariamente deciso di chiudere.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza che applica un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici: vizi nella formazione della volontà delle parti, difetti nel consenso del Procuratore Generale, o se la sentenza del giudice è difforme dall’accordo raggiunto. Non è possibile per motivi a cui si è rinunciato, come la mancata assoluzione.

Se si accetta un concordato in appello, si rinuncia al diritto di essere prosciolto per cause evidenti ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
Sì. Secondo la Corte, la rinuncia ai motivi di appello, che è alla base del concordato, crea una preclusione processuale. Questo impedisce al giudice di appello e, di conseguenza, alla Cassazione, di prendere in considerazione questioni che non sono più oggetto del giudizio, come la valutazione delle condizioni per il proscioglimento.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato ha sollevato una questione (la mancata assoluzione ex art. 129 c.p.p.) che rientra tra i motivi a cui aveva implicitamente rinunciato aderendo al concordato sulla pena. Tale doglianza non rientra nei limitati casi per cui è ammesso il ricorso in Cassazione avverso questo tipo di sentenze.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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