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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. La decisione si fonda sul principio che l’accordo sulla pena implica la rinuncia agli altri motivi di impugnazione, limitando così la possibilità di un successivo ricorso per cassazione ai soli punti non oggetto di rinuncia. Viene inoltre chiarito che la questione non può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando la rinuncia ai motivi chiude le porte alla Cassazione

Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale che permette alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto le conseguenze di tale accordo sulla successiva possibilità di ricorrere in sede di legittimità, sottolineando il peso della rinuncia ai motivi di impugnazione.

I Fatti Processuali

Due imputati, dopo aver presentato appello contro la sentenza di primo grado, raggiungevano un accordo con la Procura Generale sulla rideterminazione della pena. La Corte di Appello, accogliendo tale richiesta, emetteva una sentenza conforme all’accordo. Successivamente, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte territoriale, la quale non avrebbe argomentato sulla possibile sussistenza di cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 c.p.p.

La Decisione della Cassazione e l’impatto del concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione non si basa su una presunta inappellabilità generale della sentenza da concordato in appello, ma su un principio cardine del diritto processuale: l’effetto preclusivo che deriva dalla rinuncia ai motivi di impugnazione. Accettando di concordare la pena, i ricorrenti hanno implicitamente rinunciato a tutti gli altri motivi di appello, concentrando il loro interesse esclusivamente sul trattamento sanzionatorio.

Le Motivazioni della Corte

Il fulcro del ragionamento della Cassazione risiede nella distinzione tra il patteggiamento classico (art. 444 c.p.p.) e il concordato in appello. Le Sezioni Unite, con la nota sentenza “Fazio” del 2022, hanno stabilito che le rigide limitazioni all’impugnazione previste per il patteggiamento non si applicano automaticamente al concordato in appello.

Tuttavia, ciò non significa che l’impugnazione sia sempre libera. La Corte ha spiegato che, una volta che le parti rinunciano a specifici motivi di appello per raggiungere un accordo sulla pena, su quei punti si forma un “giudicato sostanziale”. Questo significa che le questioni abbandonate diventano definitive e non possono essere riproposte nel successivo grado di giudizio.

Di conseguenza, l’ambito di cognizione del giudice d’appello, e a cascata quello della Corte di Cassazione, viene circoscritto esclusivamente ai motivi non oggetto di rinuncia. Poiché gli imputati avevano rinunciato a ogni doglianza tranne quella sulla pena (poi concordata), non potevano più sollevare in Cassazione la questione relativa alla mancata motivazione sul proscioglimento.

In aggiunta, la Corte ha rilevato un’ulteriore causa di inammissibilità: la questione del proscioglimento ex art. 129 c.p.p. non era mai stata sollevata come specifico motivo nell’atto di appello originario. Questo ha causato un'”interruzione della catena devolutiva”, impedendo che una questione mai sottoposta al giudice di secondo grado potesse essere introdotta per la prima volta davanti alla Corte di legittimità.

Conclusioni

La pronuncia in esame offre un importante monito pratico: la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica con implicazioni definitive. L’accordo sulla pena comporta una rinuncia implicita ma vincolante a tutti gli altri motivi di gravame. Pertanto, prima di percorrere questa strada, la difesa deve attentamente valutare se esistono altre questioni (vizi procedurali, questioni di merito, cause di proscioglimento) che intende portare avanti, poiché l’accordo sulla sanzione preclude di fatto la possibilità di discuterne in Cassazione. La sentenza cristallizza il principio che il ricorso per cassazione non può diventare un’occasione per riaprire capitoli processuali volontariamente chiusi in appello.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Sì, è possibile, ma con limiti significativi. L’impugnazione è proponibile solo per i motivi che non sono stati oggetto di rinuncia. Poiché l’accordo sulla pena implica la rinuncia agli altri motivi, il ricorso è di fatto limitato a questioni che non rientrano nell’accordo stesso.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso specifico?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: 1) Gli imputati, accordandosi sulla pena, hanno rinunciato agli altri motivi di appello, inclusa la questione sulle cause di proscioglimento, che non può quindi essere riproposta in Cassazione. 2) La questione non era stata sollevata nemmeno nell’atto di appello originario, interrompendo così la “catena devolutiva”.

Cosa significa che la rinuncia ai motivi di appello forma un “giudicato sostanziale”?
Significa che i punti della sentenza di primo grado che non vengono contestati con l’appello (o ai quali si rinuncia per raggiungere un accordo) diventano definitivi e inappellabili. La decisione su quei punti acquista autorità di cosa giudicata e non può più essere messa in discussione nei successivi gradi di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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