Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile?
Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena, rinunciando ai motivi di gravame. Ma cosa succede se, dopo aver raggiunto tale accordo, l’imputato decide comunque di rivolgersi alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente chiarisce i limiti invalicabili di questa scelta, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato.
Il Caso: Dal Patteggiamento della Pena al Tentativo di Ricorso
Il caso in esame riguarda un individuo condannato per tentato furto. In sede di appello, la difesa aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale per la rideterminazione della pena, accedendo così al cosiddetto concordato in appello. La Corte d’Appello, prendendo atto dell’accordo, aveva rideterminato la sanzione in un anno, due mesi e venti giorni di reclusione, oltre a una multa di 300 euro.
Nonostante l’accordo, che prevedeva la rinuncia a tutti gli altri motivi di appello, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione. L’unico motivo sollevato era la presunta mancata valutazione, da parte del giudice d’appello, della possibilità di un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale.
L’inammissibilità del ricorso dopo il concordato in appello
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neanche la necessità di un’udienza formale. La decisione si fonda su un principio tanto semplice quanto rigoroso: l’adesione al concordato in appello implica una rinuncia implicita ma inequivocabile a far valere motivi legati alla colpevolezza.
Scegliendo di accordarsi sulla pena, l’imputato accetta la propria responsabilità e concentra il dibattito processuale esclusivamente sulla misura della sanzione. Di conseguenza, non può in un secondo momento ‘tornare indietro’ e chiedere a un altro giudice di valutare se esistessero i presupposti per un’assoluzione nel merito.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione, richiamando una sua precedente e autorevole pronuncia (sentenza n. 22002 del 2019), ha spiegato che il ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è consentito solo in casi eccezionali e ben definiti. Questi includono:
1. Vizi della volontà: Se l’imputato può dimostrare che il suo consenso all’accordo era viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Mancato consenso del P.M.: Qualora l’accordo sia stato raggiunto senza il valido consenso del Pubblico Ministero.
3. Sentenza difforme: Se la pena inflitta dal giudice è diversa da quella concordata tra le parti.
4. Pena illegale: Se la pena concordata è di per sé illegale, perché ad esempio viola i limiti minimi o massimi previsti dalla legge per quel reato.
Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è inammissibile. In particolare, la Corte ha specificato che non è possibile lamentare la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., proprio perché tale motivo è stato oggetto di rinuncia nel momento in cui si è scelto di patteggiare la pena.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con forza la natura dispositiva e vincolante del concordato in appello. La scelta di questo rito alternativo è una decisione strategica che offre il vantaggio di una pena certa e ridotta, ma che comporta la preclusione di quasi ogni ulteriore via di impugnazione. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere pienamente consapevoli che, una volta siglato l’accordo, il capitolo relativo alla colpevolezza si chiude definitivamente, e non può essere riaperto davanti alla Suprema Corte. La sentenza impugnata diventa così definitiva, e il ricorrente, oltre a vedere respinta la sua istanza, viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver concluso un ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammissibile unicamente se contesta vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo, il consenso del pubblico ministero, un contenuto della sentenza difforme da quanto pattuito, oppure l’illegalità della sanzione inflitta. Non si possono sollevare motivi a cui si è rinunciato.
Si può contestare la mancata applicazione dell’assoluzione (art. 129 c.p.p.) dopo un concordato in appello?
No. Secondo l’ordinanza, la richiesta di concordare la pena implica la rinuncia a contestare la colpevolezza. Di conseguenza, è inammissibile sollevare in un secondo momento la questione della mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.
Quali sono le conseguenze se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile in questi casi?
La sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20235 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 20235 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CATANIA il 10/06/1978
avverso la sentenza del 17/12/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorre, per il tramite del proprio difensore, avverso la sentenza pronunciata nei suoi confronti, a seguito di concordato ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., dalla Corte di appello di Catania per il concorso nel reato di tentato furto;
il giudice d’appello ha rideterminato il trattamento sanzionatorio in anni uno, mesi due, giorni venti di reclusione ed euro 300,00 di multa;
l’imputato aveva rinunciato a tutti i motivi di gravame diversi da quello concernente la ridefinizione del trattamento sanzionatorio, nella misura anzidetta, come chiarito nell’impugnata sentenza;
la condanna inflitta al ricorrente con la decisione impugnata è conforme a quanto concordato dalle parti;
con l’unico motivo di ricorso, viene contestata la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Considerato che
«in tema di concordato in appello è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599 bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quella prevista dalla legge»: Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102 – 01).
-il ricorso deve, pertanto, ritenersi inammissibile, giacché la sentenza impugnata, pronunciata ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen., non è ricorribile in cassazione per i motivi dedotti;
-che tale causa di inammissibilità va dichiarata senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen.;
il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 17/04/2025
Il consigliere estensore