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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di un ‘concordato in appello’. La Corte ha ribadito che, una volta raggiunto tale accordo, che comporta la rinuncia a parte dei motivi di appello, non è più possibile sollevare in Cassazione questioni relative al proscioglimento nel merito (ex art. 129 c.p.p.), poiché tali motivi si intendono rinunciati. Il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che permette a imputato e accusa di accordarsi sulla pena nel secondo grado di giudizio. Tuttavia, l’adesione a tale procedura comporta precise conseguenze, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di impugnare la decisione successiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i rigidi limiti del ricorso contro una sentenza frutto di questo accordo, sottolineando come la rinuncia ai motivi di appello precluda quasi ogni via di riesame.

I Fatti del Caso

Nel caso specifico, un individuo, condannato in primo grado dal Tribunale di Verona per furto aggravato, aveva raggiunto un accordo con il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Venezia. In base a questo concordato in appello, il suo difensore, munito di procura speciale, rinunciava a tutti i motivi di impugnazione ad eccezione di quelli relativi all’entità della sanzione. La Corte d’Appello, accogliendo l’accordo, aveva quindi riformato la sentenza di primo grado, rideterminando la pena. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge: a suo dire, i giudici d’appello avrebbero omesso di valutare la possibile sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

La Decisione della Corte e il Ruolo del Concordato in Appello

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo proposto per motivi non consentiti e manifestamente infondato. La decisione si basa su un principio consolidato, definito dalla stessa Corte come ius receptum (diritto ormai pacifico), che regola l’impugnabilità delle sentenze emesse a seguito di concordato in appello.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato che il ricorso per cassazione avverso una sentenza di questo tipo è eccezionalmente ammesso solo per motivi specifici e circoscritti. Essi riguardano vizi nella formazione della volontà dell’imputato di aderire all’accordo, vizi nel consenso del pubblico ministero, oppure un contenuto della sentenza difforme rispetto a quanto concordato tra le parti. Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è preclusa. In particolare, la rinuncia ai motivi di appello sulla responsabilità penale, che è un presupposto fondamentale del concordato in appello, impedisce di sollevare questioni relative a un possibile proscioglimento nel merito. L’art. 129 c.p.p., che impone al giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità, non rientra tra i casi per i quali è ammesso il ricorso dopo un accordo sulla pena in appello. L’unica eccezione, non applicabile al caso di specie, riguarda l’eventuale estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza d’appello. Poiché il motivo del ricorso non rientrava in nessuna delle categorie ammesse, la Corte lo ha dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce con forza le conseguenze dell’adesione al concordato in appello. Chi sceglie questa strada processuale deve essere pienamente consapevole che sta compiendo una rinuncia definitiva alla maggior parte dei motivi di impugnazione. L’accordo sulla pena implica l’accettazione del giudizio di colpevolezza e preclude la possibilità di ridiscutere tale aspetto in Cassazione. La decisione serve da monito: il ricorso alla Suprema Corte dopo un patteggiamento in appello è un’opzione estremamente limitata e non può essere utilizzata per aggirare le rinunce fatte in precedenza. La conseguenza di un ricorso inammissibile, come in questo caso, è non solo la conferma della condanna ma anche l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello per chiedere il proscioglimento?
No, la rinuncia ai motivi d’impugnazione sulla responsabilità, che è alla base del concordato in appello, preclude la possibilità di sollevare questioni riguardanti il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., poiché tale motivo si considera rinunciato.

Quali sono gli unici motivi per cui è ammesso il ricorso in Cassazione dopo un concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo se si deducono motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero, o al contenuto della sentenza difforme dall’accordo. È ammesso anche se si deduce l’estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza di appello.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile alla Corte di Cassazione?
In caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 cod. proc. pen.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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