Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il concordato in appello, noto anche come patteggiamento in appello e disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla rideterminazione della pena. Tuttavia, la scelta di percorrere questa strada processuale comporta precise conseguenze sulla possibilità di impugnare la decisione successiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili del ricorso avverso una sentenza che ratifica tale accordo, chiarendo quali motivi di doglianza sono preclusi.
I Fatti del Caso
Nel caso di specie, un imputato, precedentemente condannato dal Tribunale di Padova alla pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione e 20.000 euro di multa, aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Venezia. Aderendo alla richiesta di concordato in appello, la Corte territoriale aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, rideterminando la pena in 3 anni di reclusione e 14.000 euro di multa, pur confermando la responsabilità penale per il reato ascritto. Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva ricorso per cassazione.
Il Ricorso in Cassazione e la Censura Proposta
L’imputato affidava il proprio ricorso a un unico motivo: il vizio di omessa motivazione da parte della Corte d’Appello. Nello specifico, si lamentava che i giudici non avessero esaminato la possibile sussistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. Tale norma impone al giudice, in ogni stato e grado del processo, di dichiarare d’ufficio la presenza di determinate cause di non punibilità. Secondo la difesa, anche in presenza di un accordo sulla pena, il giudice d’appello avrebbe dovuto compiere questa valutazione prima di ratificare l’intesa.
La Decisione della Cassazione sul Concordato in Appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che la natura stessa del concordato in appello limita drasticamente le successive possibilità di impugnazione. Accettando l’accordo, l’imputato rinuncia implicitamente a far valere determinate censure, concentrando il dibattito unicamente sulla quantificazione della pena.
Le Motivazioni
La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza. Il ricorso in Cassazione avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è consentito solo per ragioni specifiche e circoscritte. In particolare, è possibile contestare:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Irregolarità relative al consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.
4. L’applicazione di una pena illegale, perché non rientrante nei limiti edittali o diversa da quella prevista dalla legge.
Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è inammissibile. Sono precluse, in particolare, le censure relative a motivi a cui la parte ha implicitamente rinunciato con l’accordo, come la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. L’atto di concordare la pena presuppone la volontà di non contestare più l’affermazione di responsabilità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un punto cruciale della procedura penale: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con effetti processuali definitivi. Sebbene offra il vantaggio di una pena certa e ridotta, preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni relative al merito della responsabilità o alla mancata applicazione di cause di proscioglimento. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa ponderare attentamente i benefici dell’accordo contro la perdita di importanti facoltà di impugnazione, essendo il successivo controllo di legittimità limitato a vizi procedurali e all’illegalità della pena.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di concordato in appello lamentando la mancata valutazione di una causa di proscioglimento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, dopo un accordo sulla pena in appello, sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, come la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.
Quali sono i motivi per cui si può ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, quali vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, vizi nel consenso del pubblico ministero, o se la pena applicata dal giudice è difforme dall’accordo o illegale.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento in appello viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5881 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5881 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 23/10/1981
avverso la sentenza del 19/04/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avv,o alle parti; udita la . relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata in cancelleria in data 23 aprile 2024 la Corte di appello di Venezia ha parzialmente riformato, aderendo alla richiesta di concordato sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., la precedente sentenza con cui il Tribunale di Padova, il 16 ottobre 2023 aveva condannato NOME COGNOME in concorso con altri, alla pena di anni 4 e mesi 4 di reclusione ed C 20.000 di multa, rideterminando la pena inflitta in complessivi anni 3 di reclusione ed C 14.000 di multa, avendo confermato l’affermazione sulla ritenuta responsabilità in ordine al reato ascritto;
che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto affidandolo ad un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva il vizio di omessa motivazione con riferimento alla mancata disamina di eventuali motivi di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.;
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pen che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto no rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quella prevista dalla legge (Sez 2, n. 22002 del 10 aprile 2019, COGNOME Fabio, rv 276102);
che nel caso di specie il ricorso è inammissibile atteso che con esso il ricorrente sAimitato a censurare esclusivamente la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e che, pertanto, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2024
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