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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello) per furto aggravato, aveva impugnato la sentenza per carenza di motivazione sulla sua responsabilità. La Corte ha ribadito che il concordato in appello implica la rinuncia a contestare la colpevolezza, e il ricorso è ammissibile solo per vizi della volontà, illegalità della pena o prescrizione maturata prima della sentenza d’appello.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: I Limiti del Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, noto anche come patteggiamento in appello, è uno strumento processuale che consente alle parti di accordarsi su una modifica della pena inflitta in primo grado, in cambio della rinuncia a determinati motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i confini, molto ristretti, entro cui è possibile presentare un ulteriore ricorso dopo aver concluso un simile accordo. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna in primo grado per il reato di furto pluriaggravato. In sede di appello, l’imputata e la Procura Generale hanno raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599 bis del codice di procedura penale, ottenendo una rideterminazione della pena. La Corte d’Appello, preso atto della richiesta concorde delle parti, ha riformato la sentenza di primo grado, riducendo la sanzione e confermando nel resto la condanna.

Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputata ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un unico vizio: la mancanza di motivazione della sentenza d’appello riguardo alla sussistenza della sua responsabilità penale.

La Decisione della Corte e il Principio del Concordato in Appello

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del concordato in appello: l’accordo tra le parti implica una rinuncia a contestare i punti della sentenza che non sono oggetto dell’accordo stesso, in particolare l’affermazione della responsabilità penale.

In sostanza, quando l’imputato accetta di concordare la pena, accetta anche l’impianto accusatorio e la valutazione di colpevolezza del giudice di primo grado, concentrando il dibattito unicamente sull’entità della sanzione da applicare. Sollevare successivamente una questione sulla motivazione della colpevolezza rappresenta una contraddizione logica e procedurale che il sistema non ammette.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ampiamente argomentato le ragioni dell’inammissibilità, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale. I giudici hanno spiegato che il ricorso per Cassazione avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è possibile solo per un numero limitato di motivi. Questi includono:

1. Vizi della volontà: se il consenso dell’imputato o del suo difensore all’accordo è stato viziato da errore, violenza o dolo.
2. Contenuto difforme: se la decisione del giudice si discosta da quanto concordato tra le parti.
3. Illegalità della pena: se la sanzione applicata è illegale, ad esempio perché non prevista dalla legge per quel tipo di reato o perché eccede i limiti edittali.
4. Omessa declaratoria di prescrizione: se il reato si era già estinto per prescrizione prima della pronuncia della sentenza d’appello e il giudice non lo ha rilevato.

Il motivo sollevato dalla ricorrente – la carenza di motivazione sulla responsabilità – non rientra in nessuna di queste categorie. Anzi, è esattamente il tipo di doglianza a cui si rinuncia implicitamente aderendo all’accordo. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale per avvocati e assistiti: la scelta di aderire a un concordato in appello è una decisione strategica che preclude quasi ogni possibilità di un successivo ricorso in Cassazione sul merito della vicenda. È un atto dispositivo che cristallizza l’affermazione di responsabilità in cambio di un beneficio sulla pena.

Pertanto, prima di percorrere questa strada, è essenziale una valutazione approfondita di tutti gli aspetti del processo, poiché le porte per contestare la colpevolezza, una volta raggiunto l’accordo, si chiudono definitivamente, salvo le rare eccezioni delineate dalla giurisprudenza.

Cos’è un ‘concordato in appello’?
È un accordo processuale tra accusa e difesa che avviene durante il giudizio di appello. In cambio della rinuncia a specifici motivi di impugnazione, le parti concordano una rideterminazione della pena decisa in primo grado, solitamente in senso più favorevole all’imputato.

È possibile fare ricorso in Cassazione dopo un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Non è possibile contestare la valutazione della colpevolezza, poiché si considera un punto a cui si è rinunciato con l’accordo. Il ricorso è ammesso solo per vizi nella formazione della volontà di accordarsi, per una decisione del giudice non conforme all’accordo, per l’illegalità della pena applicata o per la mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza.

Perché il ricorso in questo caso specifico è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputata contestava la mancanza di motivazione sulla sua responsabilità penale. Secondo la Corte di Cassazione, questo è un motivo di merito al quale la ricorrente aveva implicitamente rinunciato nel momento in cui ha accettato il concordato sulla pena in appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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