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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. La Corte chiarisce che l’accordo tra le parti preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni relative alla quantificazione della pena o alla valutazione di cause di proscioglimento, in quanto si tratta di motivi a cui si è rinunciato con il patto stesso. L’impugnazione è ammessa solo per vizi relativi alla formazione della volontà o all’illegalità della pena.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, permettendo alle parti di accordarsi sulla rideterminazione della pena in secondo grado. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i rigidi limiti entro cui è possibile impugnare la sentenza che ratifica tale accordo. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici di legittimità.

Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte di Appello che aveva applicato la pena concordata tra le parti. L’imputato, pur avendo acconsentito all’accordo, si rivolgeva alla Corte di Cassazione lamentando una violazione di legge nella quantificazione della pena.

In particolare, sosteneva che i giudici di merito non avessero tenuto adeguatamente conto di alcuni elementi a suo favore, come l’ipotesi lieve del reato contestato (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90), l’assenza di prove di cessione di sostanze stupefacenti, l’occasionalità della condotta e la mancanza di motivazione sull’impossibilità di un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. Di conseguenza, chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

La decisione sul concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile. I giudici hanno sottolineato che l’impugnazione era stata proposta contro una sentenza che si era limitata a ratificare un accordo processuale liberamente stipulato tra l’imputato e l’accusa.

L’adesione al concordato in appello implica una rinuncia a far valere determinate doglianze. Il potere dispositivo riconosciuto alle parti non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma produce anche effetti preclusivi sull’intero svolgimento del processo, compreso l’eventuale giudizio di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di quattromila euro.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha chiarito in modo inequivocabile i confini del ricorso in Cassazione avverso le sentenze emesse ex art. 599-bis c.p.p. Il ricorso è ammissibile solo ed esclusivamente per motivi che attengono a:

1. La formazione della volontà della parte: ad esempio, se il consenso è stato viziato da errore, violenza o dolo.
2. Il consenso del pubblico ministero: qualora vi siano state irregolarità nell’espressione del consenso da parte dell’accusa.
3. Il contenuto difforme della pronuncia del giudice: se la sentenza si discosta da quanto pattuito nell’accordo.

Sono invece inammissibili tutte le altre doglianze, in particolare quelle relative a:

* Motivi rinunciati: le questioni che, implicitamente o esplicitamente, sono state oggetto di rinuncia con la stipula dell’accordo.
* Mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.: accettando il concordato, la parte accetta la propria responsabilità e rinuncia a un’eventuale assoluzione nel merito.
* Vizi nella determinazione della pena: le critiche sulla quantificazione della sanzione sono precluse, a meno che la pena applicata non sia illegale, ovvero diversa per specie da quella prevista dalla legge o applicata al di fuori dei limiti edittali.

La Corte ha ribadito che, una volta che le parti esercitano il loro potere dispositivo, dando vita a un negozio processuale, questo non può essere modificato unilateralmente. L’accordo consacrato nella decisione del giudice diventa vincolante e preclude la possibilità di rimettere in discussione punti che ne costituivano l’oggetto.

Conclusioni

Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di concordato in appello. La scelta di accedere a tale rito processuale deve essere ponderata attentamente, poiché comporta una significativa rinuncia al diritto di impugnazione. L’imputato che accetta di concordare la pena in appello perde la facoltà di contestare in Cassazione la valutazione dei fatti, la qualificazione giuridica, la sussistenza di attenuanti o la congruità della pena stessa. Il controllo di legittimità è circoscritto ai soli vizi procedurali che inficiano la validità dell’accordo e all’eventuale illegalità della pena inflitta. Pertanto, la difesa deve valutare con estrema cura il bilanciamento tra il beneficio di una pena certa e ridotta e la perdita di ulteriori gradi di giudizio.

È sempre possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per motivi molto specifici e limitati, in quanto l’accordo tra le parti implica la rinuncia a far valere la maggior parte delle doglianze.

Quali sono i motivi validi per impugnare un concordato in appello in Cassazione?
I motivi validi riguardano esclusivamente vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, irregolarità nel consenso del pubblico ministero, o il caso in cui la sentenza del giudice abbia un contenuto difforme rispetto a quanto pattuito. È ammesso anche il ricorso se la pena applicata è illegale (cioè di un tipo non previsto dalla legge o fuori dai limiti edittali).

Se accetto un concordato in appello, posso poi lamentarmi in Cassazione della quantificazione della pena?
No, di regola non è possibile. Le doglianze relative alla determinazione della pena, alla mancata valutazione di cause di proscioglimento o ad altri vizi che non si traducano in una sanzione illegale sono considerate rinunciate con l’accettazione dell’accordo e, pertanto, sono inammissibili in sede di ricorso per cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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