Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6633 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6633 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a TARANTO il 01/11/1964
avverso la sentenza del 30/04/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
da o • .
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata; letti i motivi del ricorso; rilevato che:
il ricorso è stato presentato avverso sentenza emessa ai sensi dell’art. 599bis, comma 1, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, che dispone che «La Corte di appello provvede in camera di consiglio anche quando le parti, nelle forme previste dall’articolo 589 dello stesso codice, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo»;
in seguito alla reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello, deve ritenersi nuovamente applicabile il principio – elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del similare istituto previsto dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen. e successivamente abrogato dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92 – secondo cui il giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione, limita la sua cognizione ai motivi non rinunciati, senza essere neppure tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per taluna delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., in considerazione della radicale diversità tra l’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti e l’istituto in esam (tra le altre Sez. 6, n. 35108 del 08/05/2003, COGNOME, Rv. 226707; Sez. 5, n. 3391 del 15/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245919);
la rinuncia ai motivi determina, pertanto, una preclusione processuale che impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto, non solo in punto di affermazione di responsabilità, deve ormai ritenersi non essergli devoluto, sicché deve reputarsi inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accord sulla pena in appello e che non si siano trasfuse nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quell prevista dalla legge (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102; Sez. 5, n. 7333 del 13/11/2018, dep. 2019, Alessandria, Rv. 275234; Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969), ovvero alla qualificazione giuridica del fatto (Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277196);
il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. risulta, per contro, ammissibile qualora vengano dedotti motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al
consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice;
ritenuto che:
nel caso in esame, la difesa di NOME COGNOME ed il Procuratore generale territoriale hanno concordato, davanti al giudice di secondo grado, l’accoglimento del motivo concernente la misura della pena applicata, con la conseguente rinuncia a qualsivoglia, differente, motivo di censura da parte dell’imputato;
è stata così concordata l’applicazione della pena di sei anni di reclusione, previa applicazione del cumulo materiale delle pene concordate per i diversi reati in contestazione;
tenuto conto dei limiti entro i quali è consentito il sindacato di questa Corte nelle sentenze pronunciate ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., il motivo relativo alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici è manifestamente infondato atteso che il ricorrente trascura di considerare il combinato disposto degli artt. 28 e 29 cod. pen. e di tenere conto che il richiamato art. 37 cod. pen. riguarda le pene accessorie la cui durata non si determinata;
il secondo motivo attiene a profilo estraneo all’accordo intervenuto tra le parti, essendo relativo alla misura cautelare applicata all’imputato;
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/1/2025