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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. La Corte ha ribadito che, scegliendo tale procedura, si rinuncia a contestare la responsabilità penale, limitando l’impugnazione ai soli vizi dell’accordo o all’illegalità della pena.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, previsto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma la sua adozione comporta conseguenze significative sui successivi gradi di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito in modo inequivocabile i limiti del ricorso contro una sentenza che recepisce tale accordo, sottolineando come la scelta di questa via precluda la possibilità di contestare la responsabilità penale.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Una persona, condannata in primo grado dal Tribunale di Siracusa, vedeva la sua pena rideterminata dalla Corte di Appello di Catania a seguito di un accordo con la Procura Generale. La nuova pena era fissata in cinque anni di reclusione e 500 euro di multa. Nonostante l’accordo, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’unica doglianza: la mancanza di motivazione da parte della Corte di Appello sulle ragioni del riconoscimento della responsabilità penale dell’imputata.

I Limiti del Ricorso nel Concordato in Appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione sulla natura stessa del concordato in appello. I giudici hanno spiegato che tale istituto ha una fisionomia diversa rispetto al patteggiamento in primo grado (art. 444 c.p.p.).

Mentre nel patteggiamento l’accordo abbraccia l’intera accusa, consentendo un ricorso per Cassazione anche sulla qualificazione giuridica del fatto, il concordato in appello si innesta su una rinuncia ai motivi di impugnazione. Accettando l’accordo sulla pena, l’imputato implicitamente rinuncia a contestare la propria responsabilità e la qualificazione giuridica del reato, elementi già definiti dalla sentenza di primo grado.

Di conseguenza, il ricorso contro una sentenza ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo per motivi molto specifici, quali:

* Vizi relativi alla formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo.
* Vizi nel consenso del pubblico ministero.
* Una pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.
* L’illegalità della sanzione inflitta (ad esempio, una pena non prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).

Qualsiasi altro motivo, specialmente quelli relativi al merito della responsabilità penale, è considerato rinunciato e, pertanto, non può essere oggetto di doglianza in Cassazione.

La Decisione della Suprema Corte

Alla luce di questi principi, la Corte ha concluso che la lamentela sulla mancanza di motivazione in ordine alla responsabilità penale era un motivo non consentito. L’accordo raggiunto in appello aveva cristallizzato tale aspetto, rendendolo non più discutibile. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile “senza formalità”, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p.

Come conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 euro alla Cassa delle ammende, a causa dell’evidente colpa nella proposizione di un ricorso privo dei presupposti di legge.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di preservare la logica e la funzione del concordato in appello. Se fosse possibile rimettere in discussione la responsabilità dopo aver beneficiato di un accordo sulla pena, l’istituto perderebbe la sua efficacia deflattiva e si tradurrebbe in un’incoerenza processuale. L’accordo è un patto che presuppone una rinuncia: si accetta una pena concordata in cambio della certezza della definizione del processo, rinunciando ai motivi di appello. La Corte di Cassazione, in questo contesto, svolge un ruolo di controllo sulla legalità dell’accordo e della pena, non un riesame del merito della vicenda.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per la difesa: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica che deve essere attentamente ponderata. Implica una rinuncia definitiva alla contestazione della colpevolezza. Le uniche vie di impugnazione che rimangono aperte sono quelle strettamente legate alla correttezza procedurale dell’accordo e alla legalità della pena inflitta. È essenziale che gli assistiti siano pienamente consapevoli di queste implicazioni prima di intraprendere tale percorso processuale.

È possibile contestare la propria responsabilità penale dopo aver raggiunto un concordato in appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, aderire al concordato in appello ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. implica la rinuncia ai motivi di impugnazione, inclusi quelli relativi all’affermazione della responsabilità penale.

In quali casi è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici: vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, vizi nel consenso del pubblico ministero, o quando la sentenza del giudice si discosta dall’accordo raggiunto. È anche possibile contestare l’illegalità della pena inflitta.

Quali sono le conseguenze se un ricorso contro un concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
La parte ricorrente viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è commisurato alla colpa nella proposizione del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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