Concordato in Appello: Quando la Cassazione Chiude la Porta al Ricorso
L’istituto del concordato in appello, reintrodotto dalla legge n. 103 del 2017, rappresenta uno strumento processuale di grande rilevanza che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, le conseguenze di tale accordo sulla possibilità di un successivo ricorso in Cassazione sono precise e vincolanti. Una recente ordinanza della Suprema Corte, la n. 38063/2024, offre un chiarimento decisivo sui limiti dell’impugnazione successiva a un “patteggiamento in appello”, ribadendo un principio consolidato.
Il Caso in Analisi: Dal Patteggiamento in Appello al Ricorso
Nel caso di specie, un imputato aveva proposto ricorso in Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. Quest’ultima, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva rideterminato la pena proprio accogliendo una proposta di concordato in appello formulata dalle parti.
Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato ha sollevato un’ultima doglianza dinanzi alla Suprema Corte, lamentando la violazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale. Tale norma impone al giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità, come l’evidenza dell’innocenza dell’imputato. In sostanza, si contestava il mancato proscioglimento nel merito, nonostante l’accordo sulla pena.
La Decisione della Cassazione e l’impatto del concordato in appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata, cosiddetta de plano. La decisione si fonda su un principio cardine legato alla natura stessa del concordato in appello: l’effetto devolutivo e la conseguente rinuncia ai motivi di impugnazione.
L’Effetto Devolutivo e la Rinuncia ai Motivi
Quando l’imputato sceglie di accedere al concordato, rinuncia implicitamente a tutti i motivi di appello precedentemente presentati. L’accordo concentra l’attenzione del giudice esclusivamente sulla congruità della nuova pena proposta. Di conseguenza, la cognizione del giudice d’appello viene limitata ai soli aspetti concordati, precludendo una nuova valutazione del merito della vicenda.
La Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata (in particolare, la sentenza Mariniello, n. 22002/2019), la quale aveva già stabilito che, una volta che l’imputato rinuncia ai motivi d’impugnazione, il giudice non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. Tale valutazione sarebbe stata possibile solo se i motivi originali dell’appello fossero stati mantenuti.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha spiegato che il ricorso in Cassazione contro una sentenza frutto di concordato è ammissibile solo in casi circoscritti. Si può contestare:
1. Vizi nella formazione della volontà: ad esempio, se il consenso dell’imputato all’accordo è stato viziato.
2. Mancato consenso del Pubblico Ministero: qualora mancasse l’accordo della pubblica accusa.
3. Contenuto difforme della sentenza: se la pronuncia del giudice non rispecchia l’accordo raggiunto dalle parti.
4. Illegalità della pena: nel caso in cui la pena applicata non sia prevista dalla legge o superi i limiti edittali.
Tutte le altre doglianze, incluse quelle relative alla mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento, sono da considerarsi inammissibili. L’accordo sulla pena, infatti, blocca ogni ulteriore discussione sul merito della colpevolezza.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
La decisione in commento conferma che la scelta del concordato in appello è una mossa strategica che deve essere attentamente ponderata. Se da un lato offre il vantaggio di una rapida definizione del processo e di una pena potenzialmente più mite, dall’altro comporta la cristallizzazione del giudizio di colpevolezza e la perdita della possibilità di far valere eventuali motivi di proscioglimento nel merito. L’imputato e il suo difensore devono essere pienamente consapevoli che, una volta intrapresa questa strada, le porte per un riesame della responsabilità da parte della Cassazione si chiudono quasi ermeticamente, salvo le specifiche eccezioni procedurali sopra elencate. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in caso di ricorso inammissibile costituisce un ulteriore disincentivo a impugnazioni dilatorie o infondate.
È possibile ricorrere in Cassazione per mancato proscioglimento (art. 129 c.p.p.) dopo aver stipulato un concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.)?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale ricorso è inammissibile. L’accordo sulla pena in appello implica la rinuncia ai motivi d’impugnazione e la cognizione del giudice è limitata ai soli punti oggetto dell’accordo, escludendo una nuova valutazione del merito.
Quali tipi di ricorso sono ammissibili contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Sono ammissibili solo i ricorsi che contestano vizi nella formazione della volontà della parte di aderire all’accordo, il consenso del pubblico ministero, un contenuto della sentenza difforme da quanto pattuito, oppure l’illegalità della sanzione inflitta (perché non prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo contesto?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, quattromila euro) in favore della Cassa delle ammende, secondo una procedura semplificata che non richiede un’udienza formale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38063 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38063 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/01/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
usi a la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
dato avviso alle parti;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Visti gli atti e la sentenza impugnata, rilevato che la Corte di merito, con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale riforma della pronuncia emessa dal giudice di primo grado, ha ridetermiNOME la pena inflitta a COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., accogliendo la proposta formulata dalle parti in udienza.
EsamiNOME il ricorso proposto dall’imputato, rilevato che il difensore lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 129 cod. proc. pen.
Considerato che a seguito della reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello, di cui all’art. 599-bis cod. proc. pen, ad opera della legge n. 103 del 2017, rivive il principio – elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del similare istituto previsto dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen., successivamente abrogato – secondo cui il giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per taluna delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., in quanto, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione, la cognizione del giudice deve limitarsi ai motivi non rinunciati (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102, così massimata: «In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quella prevista dalla legge»).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile secondo la procedura de plano (art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.), con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 settembre 2024
Il Consigliere estensore