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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che contestava l’eccessiva entità della pena patteggiata in secondo grado. La sentenza chiarisce che il concordato in appello, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., può essere impugnato solo per vizi del consenso o per illegalità della pena, non per una valutazione di merito sulla sua congruità. La decisione conferma la natura dell’istituto come rinuncia ai motivi di appello in cambio di una pena concordata.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando è Possibile Impugnare la Sentenza?

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Ma quali sono i limiti per impugnare una sentenza che recepisce tale accordo? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini stringenti di questa possibilità, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava unicamente l’eccessiva entità della pena concordata.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello che, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva rideterminato la pena per un imputato a cinque mesi di arresto e 1.167,00 euro di ammenda per il reato previsto dall’art. 186, comma 7, del Codice della Strada. Tale rideterminazione era avvenuta proprio sulla base di un accordo tra le parti, ovvero un concordato in appello.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando un’unica doglianza: la carenza di motivazione in ordine alla pena irrogata, ritenuta eccessiva.

Il Concordato in Appello e la Questione Giuridica

La questione centrale sottoposta alla Suprema Corte riguarda l’ambito di ammissibilità del ricorso per Cassazione avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. L’istituto del concordato in appello si differenzia dal patteggiamento classico (art. 444 c.p.p.) perché si innesta su una rinuncia ai motivi di impugnazione. In sostanza, l’imputato accetta una determinata pena in cambio della certezza di non vedersi contestare la responsabilità e la qualificazione giuridica del fatto, elementi già cristallizzati nella sentenza di primo grado.

Il ricorso dell’imputato, invece, mirava a rimettere in discussione proprio uno degli elementi centrali dell’accordo: l’entità della pena. La Corte è stata quindi chiamata a stabilire se una simile doglianza potesse essere considerata un motivo valido per l’impugnazione.

La Decisione della Corte di Cassazione: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, in quanto proposto per un motivo non consentito dalla legge. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: il ricorso avverso la sentenza che accoglie un concordato in appello è ammissibile solo in casi eccezionali e ben definiti.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Nelle motivazioni, la Corte chiarisce che i motivi ammissibili per impugnare una sentenza ex art. 599-bis c.p.p. sono tassativi e riguardano:

1. Vizi nella formazione della volontà: problemi relativi alla libera e consapevole decisione della parte di accedere all’accordo.
2. Vizi del consenso del pubblico ministero: irregolarità nel consenso prestato dall’accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia: quando la sentenza del giudice si discosta da quanto pattuito nell’accordo.
4. Illegalità della sanzione: l’unico caso in cui si può contestare la pena è quando questa sia illegale, ovvero non rientri nei limiti edittali previsti dalla norma incriminatrice o sia di un genere diverso da quello stabilito dalla legge.

Sono invece inammissibili tutte le doglianze relative a motivi a cui la parte ha rinunciato con l’accordo, come la valutazione delle condizioni per il proscioglimento o la congruità della pena. Contestare l’eccessiva entità della sanzione, come fatto dal ricorrente, rientra in quest’ultima categoria e, pertanto, non è un motivo valido di ricorso. L’accordo sulla pena implica l’accettazione della sua misura, escludendo una successiva rinegoziazione davanti al giudice di legittimità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche del Concordato in Appello

La decisione in esame rafforza la natura pattizia e definitiva del concordato in appello. Chi sceglie questa strada processuale deve essere consapevole di compiere una scelta strategica che comporta la rinuncia a far valere gran parte dei motivi di appello in cambio di una pena certa. L’impugnazione successiva è un’opzione estremamente limitata, riservata a vizi procedurali gravi o a palesi illegalità della pena. La mera insoddisfazione per l’entità della sanzione, una volta che questa è stata concordata, non ha spazio nel giudizio di Cassazione. La conseguenza di un ricorso inammissibile, come nel caso di specie, è non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.

È possibile impugnare una sentenza basata su un “concordato in appello” lamentando che la pena è troppo alta?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non è possibile. Il ricorso è inammissibile se si contesta solo l’entità della pena concordata, in quanto l’accordo stesso implica l’accettazione di quella specifica sanzione. L’unica eccezione è se la pena è palesemente illegale.

Quali sono gli unici motivi validi per ricorrere in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello?
I motivi ammissibili sono limitati a vizi relativi alla formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, a un contenuto della sentenza difforme da quanto pattuito, o all’illegalità della sanzione (ad esempio, se è superiore al massimo previsto dalla legge o di un tipo non consentito).

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro un concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dal giudice in base alla gravità della colpa nel proporre un’impugnazione non consentita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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