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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 43250/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di un ‘concordato in appello’. La Suprema Corte ha ribadito che, accettando l’accordo sulla pena, l’imputato rinuncia a sollevare gran parte delle questioni, anche quelle rilevabili d’ufficio. Il ricorso in Cassazione è consentito solo per vizi specifici legati alla formazione dell’accordo stesso e non per contestare nel merito la decisione o la pena concordata, a meno che non sia illegale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello e Ricorso in Cassazione: i Limiti Imposti dalla Legge

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, quali sono le conseguenze di tale accordo sulla possibilità di ricorrere in Cassazione? Con la recente ordinanza n. 43250/2024, la Suprema Corte ha tracciato confini netti, dichiarando inammissibile un ricorso proposto avverso una sentenza frutto di un patteggiamento in appello e ribadendo la natura quasi definitiva di tale scelta processuale.

Il Fatto: Dall’Accordo in Appello al Tentativo di Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Tale sentenza non era il risultato di un dibattimento ordinario, ma la ratifica di un accordo sulla pena raggiunto tra la difesa e la Procura Generale, secondo la procedura del concordato in appello. Nonostante avesse acconsentito a tale accordo, l’imputato ha successivamente deciso di impugnare la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando questioni che, di fatto, erano state superate proprio dall’accordo stesso.

L’Analisi della Corte e i Limiti del Ricorso post Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile sulla base di un principio consolidato. L’adesione al concordato in appello implica una rinuncia volontaria da parte dell’imputato a contestare la sentenza di primo grado su determinati punti, in cambio di un trattamento sanzionatorio più mite. Questo atto dispositivo limita la cognizione del giudice di secondo grado ai soli punti non coperti dalla rinuncia e, soprattutto, produce un effetto preclusivo che si estende al successivo giudizio di legittimità.

La Corte ha specificato che il ricorso in Cassazione avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo in casi eccezionali e circoscritti, quali:

* Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
* Vizi relativi al consenso del pubblico ministero.
* Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo pattuito tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, sono inammissibili tutte le altre doglianze, incluse quelle relative a motivi a cui si è rinunciato, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) e persino ai vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non si traduca in una sanzione palesemente illegale o non prevista dalla legge per quel tipo di reato.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione alla base di questa rigorosa interpretazione risiede nella natura stessa dell’istituto. Il concordato in appello è un patto processuale che si fonda sulla volontà delle parti. Consentire all’imputato di rimettere in discussione in Cassazione questioni coperte dall’accordo svuoterebbe di significato l’istituto stesso, vanificandone la funzione di economia processuale. La Corte sottolinea come il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599-bis c.p.p. non solo delimita l’oggetto del giudizio d’appello, ma preclude l’intero svolgimento processuale successivo su quei punti, in modo analogo a quanto avviene con la rinuncia all’impugnazione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la difesa. La scelta di aderire a un concordato in appello deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché costituisce una strada quasi senza ritorno. Una volta siglato l’accordo, le possibilità di un successivo controllo da parte della Corte di Cassazione si riducono drasticamente. La decisione conferma che il sistema processuale valorizza la volontà delle parti di definire il contenzioso, ma esige coerenza, sanzionando con l’inammissibilità e la condanna alle spese i tentativi di aggirare gli effetti preclusivi derivanti dalle proprie scelte difensive.

È sempre possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa dopo un ‘concordato in appello’?
No. L’ordinanza chiarisce che il ricorso è ammissibile solo per motivi molto specifici, come vizi nella formazione della volontà di accordo, nel consenso del pubblico ministero o se la sentenza del giudice è difforme dall’accordo raggiunto.

Se si accetta un concordato in appello, si rinuncia a far valere determinate questioni?
Sì. L’accordo sulla pena in appello comporta una rinuncia a contestare i motivi che non sono stati esclusi dall’accordo stesso. Questa rinuncia ha un effetto preclusivo che si estende anche al giudizio di Cassazione, impedendo di sollevare questioni a cui si era volontariamente rinunciato.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di ‘concordato in appello’ viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito nel caso di specie e ai sensi dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, a meno che non dimostri di aver proposto il ricorso senza colpa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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