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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di un ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.). L’imputato lamentava la mancata motivazione sul proscioglimento e sulla recidiva. La Corte ha stabilito che, aderendo al concordato, l’imputato rinuncia a tali motivi di appello, limitando la possibilità di ricorso a vizi della volontà o a illegalità della pena. Questa decisione ribadisce che il concordato in appello preclude la discussione su questioni di merito precedentemente rinunciate.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, è uno strumento processuale che consente all’imputato e al pubblico ministero di accordarsi sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con una possibile ridefinizione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i limiti del successivo ricorso avverso la sentenza che ratifica tale accordo, stabilendo quando l’impugnazione diventa inammissibile.

Il caso: ricorso dopo un concordato in appello

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte di Appello, ha visto la sua pena rideterminata con una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. Nonostante l’accordo, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione.

I motivi del ricorso

Il ricorrente ha sollevato un unico motivo di impugnazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che la Corte di Appello avesse omesso di motivare sulla mancata applicazione delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. e sulla conferma della recidiva contestata. In sostanza, pur avendo concordato la pena, l’imputato riteneva che il giudice avrebbe dovuto comunque spiegare perché non lo avesse assolto.

I limiti del concordato in appello secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato in materia. La decisione di accedere al concordato in appello non è priva di conseguenze: essa implica una rinuncia ai motivi di impugnazione che ne sono oggetto.

I motivi non consentiti

Secondo la Suprema Corte, il ricorso contro una sentenza di concordato è ammissibile solo per motivi molto specifici, quali:

1. Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Problemi legati al consenso fornito dal pubblico ministero.
3. Contenuto della pronuncia del giudice difforme dall’accordo.
4. Illegalità della pena applicata (ad esempio, se è di tipo diverso da quella prevista dalla legge o supera i limiti edittali).

Qualsiasi altro motivo, specialmente se relativo a questioni di merito a cui si è rinunciato con l’accordo, è considerato inammissibile.

le motivazioni

La Corte ha spiegato che, in ragione dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato rinuncia ai motivi di appello tramite il concordato, la cognizione del giudice di secondo grado si restringe drasticamente. Il giudice non è più tenuto a valutare le condizioni per un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., né l’insussistenza di cause di nullità, perché la sua analisi è limitata ai soli aspetti non coperti dalla rinuncia.

L’adesione al concordato rappresenta una scelta strategica che ‘congela’ il merito della vicenda processuale in cambio di un beneficio sulla pena. Pretendere che il giudice motivi su aspetti ai quali si è volontariamente rinunciato è una contraddizione logica e procedurale. La Corte ha inoltre definito il motivo di ricorso come ‘generico ed apodittico’, ovvero privo di una critica specifica e argomentata.

le conclusioni

Questa ordinanza conferma che la scelta del concordato in appello è una decisione che preclude quasi ogni ulteriore via di impugnazione. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente i benefici di un accordo sulla pena rispetto alla perdita della possibilità di contestare nel merito la propria responsabilità o altri aspetti della sentenza di primo grado. La porta della Cassazione rimane aperta solo per vizi procedurali gravi che inficiano la validità dell’accordo stesso o per palesi illegalità della sanzione, ma è saldamente chiusa per le questioni di merito a cui si è scelto di rinunciare.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi specifici e limitati. Il ricorso è ammissibile se riguarda vizi nella formazione della volontà di accordarsi, nel consenso del pubblico ministero, o se la pena applicata è illegale (ad esempio, diversa da quella prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).

Se accetto un ‘concordato in appello’, il giudice deve comunque valutare se posso essere prosciolto ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
No. Secondo la Corte di Cassazione, aderendo al concordato, l’imputato rinuncia ai motivi di appello che avrebbero potuto portare a un proscioglimento. Di conseguenza, il giudice non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento, poiché la sua cognizione è limitata dagli effetti dell’accordo.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di ‘concordato in appello’ viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle Ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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