Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto del concordato in appello, previsto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una forma di accordo tra accusa e difesa per definire la pena nel secondo grado di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i ristrettissimi limiti entro cui è possibile impugnare la sentenza che ratifica tale accordo, specialmente quando le doglianze riguardano il merito della pena pattuita.
I Fatti del Caso
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Salerno aveva applicato all’imputato la pena concordata con il Pubblico Ministero, secondo la procedura del concordato in appello. Nonostante l’accordo, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione. Il motivo del ricorso era unico e specifico: una presunta violazione di legge e un difetto di motivazione riguardo all’aumento di pena applicato a titolo di continuazione tra i reati.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Concordato in Appello
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito della questione. La decisione si fonda su una precisa norma procedurale, l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione, introdotta con la riforma del 2017, stabilisce che la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti in appello senza particolari formalità procedurali.
Le Motivazioni della Decisione: i Limiti dell’Impugnazione
La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella sua giurisprudenza. Sebbene la legge non specifichi quali motivi di ricorso siano ammessi contro una sentenza di concordato in appello, a differenza di quanto previsto per il patteggiamento in primo grado (art. 448-bis c.p.p.), l’interpretazione giurisprudenziale ha delineato confini molto precisi.
Le uniche censure ammissibili sono quelle che riguardano:
1. Vizi nella formazione della volontà: il ricorso è possibile se si dimostra che il consenso all’accordo è stato viziato da errore, violenza o dolo.
2. Difformità tra accordo e sentenza: è ammessa l’impugnazione qualora il giudice, nel pronunciare la sentenza, si sia discostato da quanto concordato tra le parti.
Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è preclusa. In particolare, sono inammissibili i motivi che attengono al merito del trattamento sanzionatorio, come il calcolo della pena, le circostanze aggravanti o, come nel caso esaminato, l’aumento per la continuazione. Questi elementi, infatti, costituiscono il cuore dell’accordo volontariamente raggiunto dall’imputato e non possono essere rimessi in discussione in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame conferma che la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione processuale con conseguenze definitive. Una volta che le parti hanno raggiunto un’intesa sulla pena e il giudice l’ha ratificata, lo spazio per un’ulteriore impugnazione si riduce drasticamente. L’imputato, di fatto, rinuncia a contestare il merito della pena in cambio della certezza di una sanzione predeterminata.
Presentare un ricorso per motivi non consentiti, come la contestazione del calcolo della pena, non solo è inutile, ma anche controproducente. Come stabilito dalla Corte, l’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (nel caso di specie, 4.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver intrapreso un’azione legale priva di fondamento giuridico.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello”?
La possibilità è estremamente limitata. Il ricorso è ammissibile solo per vizi relativi alla formazione della volontà delle parti (es. errore o violenza) o se la sentenza del giudice è difforme dall’accordo raggiunto, ma non per contestare il merito della pena.
Si può contestare il calcolo della pena pattuita in un “concordato in appello”?
No, secondo la Corte non è possibile. I motivi di ricorso che riguardano il trattamento sanzionatorio concordato tra le parti, come il calcolo della pena o l’aumento per la continuazione, sono inammissibili, a meno che non si discuta della legalità intrinseca della pena (ad esempio, una pena non prevista dalla legge).
Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di “concordato in appello”?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso per motivi non consentiti dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19993 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 19993 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/11/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte d’Appello di Salerno applicava al ricorrente, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., la pena concordata dallo stesso con il Pubblico Ministero.
Il COGNOME ha impugnato tale sentenza, con il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, affidandosi a un unico motivo, con cui ha dedotto difetto di motivazione e violazione di legge in ordine all’aumento del trattamento sanzionatorio a titolo di continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Occorre invero considerare che la legge n. 103 del 2017 ha inserito nell’ambito dell’art. 610 cod.proc.pen. un nuovo comma 5-bis, che, nella misura in cui rileva in questa sede, stabilisce che: “…. la Corte dichiara senza formalit di procedura l’inammissibilità del ricorso. Allo stesso modo la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti e contro la sentenza pronunciata a norma dell’articolo 599 bis”.
Da tale precisazione, nella giurisprudenza di legittimità si è desunto che, sebbene la richiamata modifica normativa non abbia previsto per il concordato in appello alcuna ipotesi di censure ricorribili per cassazione – a differenza di quanto avvenuto per la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti giusta il disposto dell’art. 448-bis cod. proc. pen. – stabilendo per esso soltanto l declaratoria di inammissibilità de plano, debba nondimeno ritenersi che le uniche doglianze proponibili siano quelle relative ad eventuali vizi della sentenza rispetto alla formazione della volontà delle parti di accedere al concordato in appello, ed all’eventuale contenuto difforme della pronuncia del giudice di appello, mentre alcuno spazio può essere ammesso per dedurre questioni oggetto di motivi di appello rinunciati in funzione dell’accordo sulla pena ex art, 599-bis cod. proc. pen. (ex ceteris, anche rispetto alle questioni rilevabili d’ufficio, Sez. 5, n. 468 del 11/11/2022, Mutti, Rv. 283878 – 01) e che sono pertanto inammissibili anche i motivi afferenti il trattamento sanzionatorio, come quello proposto nella fattispecie in esame, salvo che venga posta in discussione la c.d. legalità della pena (cfr. Sez. 2, n. 50062 del 16/11/2023, Nlusella, Rv. 285619 – 01).
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ex art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, che si ritiene equa considerando che il ricorso è stato proposto per ragioni non consentite dalla legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma 1’8 aprile 2024 Il Consigliere COGNOME